Emanuele Tufano ucciso a 15 anni a Napoli, scontro tra bande: due minori indagati

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Dicono di aver replicato al fuoco. Hanno spiegato di aver buttato gli scooter a terra e di essersi chinati, accovacciati dietro un’autovettura per schivare i proiettili. Uno dei due ha fatto fuoco, per replicare agli spari, ed ha centrato alla schiena Emanuele Tufano. Eccola la ricostruzione choc offerta giovedì scorso dai primi due indagati per i fatti di giovedì notte. Già, perché per la morte del 15enne della Sanità, c’è una svolta investigativa: sono stati interrogati due minorenni, entrambi sono sotto accusa ed entrambi sono a piede libero. Rispondono di porto di armi, in un’inchiesta che punta a ricostruire - nella convulsa scena del delitto - la responsabilità di chi ha ucciso il 15enne di Salita Capodimonte.

La dinamica 

Una svolta investigativa, nel corso delle indagini della Squadra Mobile del primo dirigente Giovanni Leuci, nel corso di un’inchiesta coordinata dal pm dei minori Daniela De Luca, dal pm anticamorra Celeste Carrano e dal pm ordinario Maurizio De Franchis. Ma chi sono i primi due indagati di questa storia? E soprattutto: perché non sono rimasti in cella, pur avendo fornito parziali ammissioni? In sintesi, sotto inchiesta finiscono il 15enne F.A., e il 17enne A.P., entrambi orbitanti nella paranze di giovanissimi che gravitano la zona di Corso Umberto e di piazza Mercato. Difesi rispettivamente dai penalisti Immacolata Spina e Mauro Zollo, sia il 15enne che il 17enne hanno fornito la propria versione su quanto avvenuto giovedì notte. Hanno trascorso diverse ore in Questura, per essere rilasciati la scorsa notte. Rispondono di armi ma non di omicidio e il loro racconto contribuisce a chiarire cosa è accaduto giovedì notte a Napoli. C’è stato uno scontro tra bande di giovanissimi in scooter, probabilmente per rimarcare la propria leadership sul territorio, in una sequenza drammatica, che va raccontata a partire da una premessa.

Lo scenario

Quanto accaduto in piazza Mercato giovedì scorso è un episodio simile a tanti altri casi di devianza giovanile che si registrano in tutte le grandi aree metropolitane. Si tratta di un episodio gravissimo di una città in crescita, dinamica e attrattiva da un punto di vista culturale ed economico, che vanta in questo periodo la più alta presenza di turisti della sua storia. Ma torniamo alle indagini. Cosa ha provocato la morte del 15enne Emanuele Tufano? Conviene rimanere fermi ai racconti messi agli atti dinanzi ai pm giovedì scorso. Spiega il 17enne: «Eravano in quattro, su due scooter. Facevamo la spola tra corso Umberto piazza Mercato, quando li abbiamo visti».

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Quanti erano? «Almeno otto scooter, penso fossero 15 o 16 ragazzi. Ci hanno visto e hanno cominciato a sparare, hanno fatto fuoco contro di noi, al punto tale che siamo stati costretti ad abbandonare repentinamente gli scooter a terra e a nasconderci dietro un’auto». Intanto, gli altri due passeggeri dei due motocicli sono scappati. Si sono volatilizzati e non si trovano. E torniamo al far west notturno. A terra, nascosti dietro l’auto ci sono due ragazzini. Spiega il 17enne: «Ho visto il mio amico estrarre la pistola, non sapevo fosse armato, ha messo il braccio sopra al cofano e ha sparato alcuni colpi». Uno di questi ha colpito alla schiena Emanuele Tufano, un altro ha colpito al braccio un altro minore che si è fatto medicare al Cto (assieme a una altro complice giunto in ospedale con delle escoriazioni). In sintesi, il corpo del 15enne è rimasto senza vita nella zona che va da vico Barrettari alla zona del Mercato.

Abbandonato a terra 

Se il racconto dei due indagati è vero, vuol dire che almeno una quindicina di amici lo hanno lasciato morire lì a terra, senza degnarsi neppure di fornirgli uno slancio di umanità. Ma torniamo alle parole messe agli atti dei due presunti pistoleri ora sotto inchiesta. Incalzato dalle domande degli inquirenti, il 15enne F.A. ha fornito alcune ammissioni ma ha respinto un ruolo nella morte del suo coetaneo: «Abbiamo avuto paura, ci hanno sparato addosso, ma non sono stato io a sparare contro quelli della Sanità». Parole al vaglio dei pm, alla fine i due minorenni se la sono cavati con una denuncia a piede libero, in uno scenario in cui si valuta la legittima difesa. Le indagini sono in corso, al vaglio degli inquirenti anche un filmato ricavato dal sistema di videocontrollo della zona. Immagini che confermano la pista del conflitto a fuoco, ma che conferma anche la complessità della scena, alla luce della concitazione del momento.

Ma in attesa che vengano identificati tutti i componenti delle due bande, resta da mettere a fuoco il movente. Cosa ha spinto, nel cuore di una notte dal sapore estivo, una ventina di giovanissimi ad ingaggiare uno scontro a fuoco? Cosa ha provocato un inferno che deturpa l’immagine di una città capitale di arte e cultura? Vecchie ruggini, sembra di capire. Tra quelli della Sanità e quelli del Mercato ci sono state zuffe e momenti di tensione. Il due dicembre dello scorso anno, ad esempio, uno dei ragazzini del gruppo di rione Mercato avrebbe partecipato a una aggressione, culminata nel morso al lobo dell’orecchio di un avversario. Poi l’escalation a colpi di stese e di challenge, che si alimenta anche attraverso i canali social. Possibile infatti che la ronda degli otto scooter partiti dal rione Sanità fosse una provocazione contro quelli che presidano la zona di piazza Mercato e a ridosso della chiesa del Carmine.

Uno sfoggio di muscoli e idiozia, probabilmente immortalato da cellulari, almeno prima del conflitto a fuoco. Quanto basta a spingere gli enti locali ad intensificare presidi di sicurezza e dissuasori contro le bande che infestano i nostri quartieri. Di qui ai prossimi quattro mesi, dovrebbero essere allacciate e rese agibili altre 350 telecamere, che si aggiungono alle mille presenti sul territorio cittadino, mentre dal Viminale si attendono uomini in divisa. Una strategia di rafforzamento del controllo dell’ordine pubblico che viene coordinata sul territorio dal prefetto Michele di Bari, nel tentativo di creare un argine contro le bande armate. Specie nelle piazze trofeo, che vengono usate come terreno di scontro da parte di minori armati alla ricerca del battesimo di fuoco.

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