FI accelera sulla riforma delle toghe: «Carriere separate, primo sì entro Natale»

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ROMA Guai a far passare l’idea che si tratti di un contrattacco ai magistrati dopo lo stop sui trasferimenti dei migranti in Albania. «È una riforma di portata storica, non una ripicca», mettono le mani avanti da Forza Italia. Eppure la tempistica qualche sospetto lo solleva. Perché all’indomani della sentenza con cui il tribunale di Roma ha negato la convalida del trattenimento dei dodici richiedenti asilo nel centro di Gjader, gli azzurri tornano a spingere sul loro storico cavallo di battaglia in tema Giustizia: la separazione delle carriere. E chiedono che la riforma che divide i percorsi di giudici e pm, da sempre un pallino di Silvio Berlusconi che da premier non riuscì mai a vederla approvata, venga portata in aula in tempi strettissimi. Già a novembre, secondo i desiderata dei forzisti. Con l’obiettivo di un varo al testo del governo in prima lettura entro Natale.

LA RICHIESTA
La richiesta di accelerare verrà formalizzata dal timoniere delle truppe di FI a Montecitorio, Paolo Barelli, già alla prossima capigruppo. E anticipa di parecchio il calendario inizialmente ipotizzato per il ddl costituzionale, il cui termine per l’approdo in aula era stato inizialmente fissato per marzo.

Insomma, per i forzisti, la commissione Affari costituzionali – dove la riforma firmata da Carlo Nordio ha già ricevuto un primo sì sull’adozione del testo del governo come base – dovrà procedere di gran carriera. Il termine per la presentazione degli emendamenti è già fissato per mercoledì, poi le proposte di modifica andranno discusse e votate. E le opposizioni, eccezion fatta per Azione e Italia viva che alla separazione delle carriere guardano con favore, si preparano a dare battaglia. Mentre dal centrodestra fanno capire che il testo, nella sostanza, è blindato. I tempi, in ogni caso, non si annunciano brevi: per diventare legge (e modificare l’articolo 107 della Carta per il quale «i magistrati si distinguono tra di loro soltanto per diversità di funzione»), il ddl avrà bisogno di un doppio sì del Parlamento a distanza di tre mesi. E se non raggiungerà il quorum dei due terzi dell’Aula, dovrà essere sottoposto a referendum.

Motivo in più per correre, è la linea forzista. Più cauti, invece, i colonnelli di Fratelli d’Italia. Novembre? Forse. Molto, dicono, dipenderà da quanto sarà veloce la commissione a discutere gli emendamenti alla riforma e a licenziare gli altri provvedimenti sul tavolo, tra cui il decreto flussi. I meloniani, insomma, non nascondono che quello degli azzurri sia un obiettivo fin troppo ambizioso. «E poi a dicembre in Aula arriva la Manovra...», osservano. Ma tra i dirigenti di via della Scrofa c’è pure chi non nasconde che spingere proprio ora sull’acceleratore di una riforma «di questa portata» (che prevede un doppio concorso per giudici e pm, l’impossibilità di passare da una carriera all’altra, due diversi Csm e un’Alta corte disciplinare nuova di zecca) potrebbe far passare un messaggio sbagliato. Quello, appunto, di una «ripicca» contro la magistratura. Una mossa per riformare quelle «parti di «istituzioni» che fanno «opposizione», secondo l’affondo di Giorgia Meloni all’indomani della decisione del tribunale di Roma, rendendo difficile «lavorare e cercare di dare risposte». Col rischio che la temperatura tra giudici e governo, già rovente, rischi di salire ancora.

LE COLOMBE
Meglio far depositare prima il polverone sollevato dal caso Albania e pure dallo scontro con le toghe palermitane di Matteo Salvini a processo, suggeriscono le colombe di FdI. Dove pure si fa notare che accelerare molto sulle carriere separate significherebbe rallentare sull’altra «madre di tutte le riforme», il premierato, dal momento che entrambe dovranno con ogni probabilità passare per le urne. I forzisti però non intendono arretrare, sulla giustizia. E non è escluso che il tema finisca presto sul tavolo dei leader.

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