Giuli sotto tutela dopo il caso Spano, i colonnelli della premier irritati dalle sue scelte. Lui: «Così me ne vado». Cosa succede ora?

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Mezz'ora di colloquio a palazzo Chigi. Ufficialmente per la Manovra, informalmente perché le porte girevoli del Collegio Romano ancora non la smettono di ruotare. Ad accogliere il ministro per la Cultura Alessandro Giuli non è però Giorgia Meloni. All'altro capo del tavolo c'è infatti il sottosegretario Alfredo Mantovano. Una scelta non casuale. Dettata in primis dalla volontà di Meloni di non gestire la vicenda come il caso Sangiuliano. E in secondo luogo dal fatto che i rapporti tra il titolare del Collegio Romano e una parte dell’inner circle della premier sono ai minimi termini. A Mantovano spetta quindi il compito di mediare e, su mandato espresso di Meloni, capire quali sono i reali confini della vicenda che ha già portato alle dimissioni del capo di Gabinetto del Collegio romano Francesco Spano.

Il dubbio è che la trasmissione Report abbia elementi per ampliare i margini di uno scandalo che sta mettendo in mostra anche i più nascosti tra i veleni all’interno di FdI. A via della Scrofa, ad esempio, c’è chi sospetta che dietro al programma di Rai3 ci sia la “manina” dell’ex ministro Sangiuliano. Cattiverie, veleni. Quelli che Giovanna Melandri, ex ministra della Cultura, ex presidente del Maxxi, chiama «regolamenti di conti». Di sicuro, c’è la crescente sfiducia di Meloni (e di alcune figure a lei molto vicine), non più disposta a giustificare ulteriori scivoloni. Né, è quanto trapela da dentro l’esecutivo, a giustificare a scatola chiusa Giuli.

I TIMORI DELLA PREMIER

Una vicenda intricata su cui Meloni è convinta di giocarsi parte della sua credibilità, e quindi ragiona sulla necessità di non potersi permettere una nuova cacciata. «Se va lui andiamo via tutti» dice amaro un ministro. Al punto che sul tavolo di palazzo Chigi ieri sarebbe finito pure un tentativo di “commissariare” Giuli, imponendogli alcuni collaboratori. Su tutti un nuovo capo di gabinetto e un nuovo responsabile per la comunicazione. Offerta giudicata irricevibile però da Giuli che, anzi, si sarebbe detto pronto a lasciare qualora questo tentativo dovesse proseguire. «Lasciatemi fare il ministro» le parole affidate a Mantovano. Un’impasse che in FdI, sin dalla nomina di Spano, qualcuno avrebbe perfino preferito risolvere con un immediato addio del numero uno del Collegio Romano. A testimoniarlo i veleni su Sangiuliano e su alcuni altri esponenti della “corrente sud” dei meloniani (da Edmondo Cirielli a Marta Schifone), ma pure una porzione consistente della colonna romana.

Qualcosa si muove nel partito che guida la coalizione di centrodestra. Con cui Giuli si sente sì in sintonia, ma non affiliato al punto da battere i tacchi di fronte a qualunque richiesta.

La nomina di Spano ha messo in subbuglio l’area cattolica e tradizionalista. E nel cerchio magico della premier c’è chi non ha affatto gradito l’impuntatura del ministro sul segretario generale del Maxxi, politicamente troppo trasversale ed alieno al partito. Fu lei, “Giorgia”, del resto a chiedere a gran voce le dimissioni di Spano quando scoppiò il caso all’Unar sette anni fa. Sette anni dopo il ministero della Cultura è il grande cruccio della destra al governo.

Tensioni si respirano non solo intorno alla stanza del ministro. Ieri alla Camera Giuli si è presentato al question time, grandi boccate di fumo in corridoio e parole centellinate ai giornalisti. A pochi minuti dall’arrivo in Transatlantico va in scena la bagarre. Di qui il presidente della Commissione Cultura di FdI Federico Mollicone, area “Gabbiani” di Rampelli, di là Antonella Giuli, sorella del ministro e già portavoce di Lollobrigida. Volano parole grosse, Mollicone finisce quasi testa a testa con la sua interlocutrice. In FdI giurano: «Lo abbiamo sentito parlare male del ministro con i cronisti fuori da Montecitorio». Dunque il parapiglia a due passi dall’aula, i due divisi e allontanati. «Vedrete che Mollicone dura poco come presidente della commissione», sibilano da via della Scrofa. Il clima è questo.

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