Il Capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, generale Herzi Halevi, aveva anticipato già venerdì le mosse previste in Libano. «Eliminato l’intero livello di comando, ora si punta alla struttura di comando locale. Siamo determinati a colpire Hezbollah più duramente possibile». E aveva annunciato l’invio di un'altra brigata di riservisti: già ieri la nuova compagine è arrivata sul terreno e «lavorerà intensamente e rapidamente». Il suo compito sarà quello di bonificare villaggi e aree fortificate dove Radwan, la forza di èlite dell’organizzazione terroristica sciita, conta su basi e infrastrutture.
E se anche le altre indicazioni del comandante in capo delle Israel Defence Forces saranno ugualmente puntuali, c’è da attendersi nuove operazioni che avranno come bersaglio «ogni casa che contenga armi e infrastrutture di Hezbollah». Ma l’attesa maggiore è per l’annunciata operazione di risposta ai 181 razzi lanciati dall’Iran, di cui si è parlato nel Consiglio di sicurezza riunito nel quartier generale dell’Idf a Tel Aviv.
I RAID
Intanto nella notte, secondo l’agenzia libanese Ani, l’aeronautica militare israeliana ha portato a termine più di cinquanta raid su città e villaggi nella parte meridionale del Paese dei Cedri, compresa Nabatiyhe, già bersagliata altre tre volte nel corso di questa settimana, sette – secondo Ani – dall’inizio delle operazioni di terra. Operazioni che avrebbero provocato un numero non precisato di vittime o feriti. Ma al villaggio di confine di Khiam, sempre stando alle fonti libanesi, è andata anche peggio essendo stata oggetto di 14 attacchi consecutivi da parte dell’esercito israeliano che si muove nella zona anche disponendo delle informazioni delle “Field intelligence units”, di cui fanno parte ufficiali dei servizi e soldati per la maggior parte provenienti dalla riserva. Queste unità monitorano 24 ore su 24 le informazioni raccolte attraverso tecnologie avanzate e dopo averle elaborate in tempi rapidissimi le inviano alle truppe. L'Unifil, poi, ha affermato che l'esercito israeliano ha «deliberatamente» demolito una «torre di osservazione» e la recinzione perimetrale di una postazione a Marwahin.
E anche Hezbollah continua nei suoi lanci quotidiani di razzi contro Israele: nella sola giornata di ieri ne sono stati sparati 175 contro l’area di Haifa, il monte Carmelo, l’alta Galilea provocando un vasto incendio nella zona di Safed, la città della cabala. Ma la guerra ad Hezbollah è anche guerra psicologica e di propaganda. E non è un caso se il ministro della Difesa Gallant, ripetendo in pratica quello che aveva detto venerdì il suo Capo di Stato maggiore, annuncia che gli uomini di Hezbollah «arrestati e interrogati sono terrorizzati e raccontano quello che sta accadendo» e aggiunge che «il gruppo sta collassando».
«Stiamo passando da una situazione di sconfitta del nemico ad una situazione di annientamento», conclude Gallant non senza un sovrappiù di ottimismo. La battaglia dunque è ora villaggio per villaggio, da Hadaisseh a Markaba, a Rab Talatine a tanti altri lungo il confine, dove vengono presi di mira i possibili depositi di armi, le infrastrutture, i tunnel scavati sotto le rocce. E viene annunciato anche un attacco notturno su siti utilizzati per finanziare l’attività terroristica. Ma anche Beirut non è indenne da questa fase del conflitto. Attacchi nei sobborghi a sud della capitale, nei quartieri di Hadath e Haret Hreik, e tre soldati dell’esercito regolare libanese sono stati uccisi al sud, sulla strada tra Hanine e Ain Ebel.
Mentre la guerra continua anche a Gaza, dove Hamas parla di 87 tra morti e dispersi - ma l’Idf smentisce la cifra - in un attacco nel nord della Striscia («Scene orribili», secondo il coordinatore dell'Onu per il processo di pace Tor Wennesland), e dove è stato ucciso il comandante della Brigata 401 dell’Idf in uno scontro a Jabalya, arrivano comunque i primi timidi segnali di una possibile svolta dopo l’eliminazione di Sinwar. Il capo dello Shin Bet Ronen Bar, uno dei principali negoziatori di Israele, è volato al Cairo per confrontarsi con il suo omologo e verificare se ci siano le condizioni per far ripartire il tavolo delle trattative. Ancora presto per dire se e come sarà possibile cercare di riannodare una tela già fragile che si era strappata con l’uccisione a bruciapelo di sei ostaggi ordinata dal “macellaio di Khan Younis”. Anche la diplomazia internazionale si muove per spingere Israele a cogliere le opportunità che si aprono con l’uscita di scena di Sinwar. Arriva oggi a Tel Aviv e sarà poi a Gerusalemme il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Domani dovrebbe cominciare l’ennesima missione in Medio Oriente del segretario di Stato Antony Blinken.