Le agenzie di rating Standard & Poor's e Fitch hanno fatto un sacco di complimenti all'Italia, riconoscendole importanti progressi economici, una invidiabile stabilità di governo e un comportamento rigoroso sui conti pubblici. Tuttavia, a parte uno striminzito miglioramento dell'outlook da stabile a positivo da parte di Fitch, hanno lasciato invariati i loro giudizi di rating. Infatti, entrambe hanno confermato all'Italia il livello BBB, la stessa bassa valutazione di Paesi come Bulgaria, Ungheria, Cipro e appena un gradino sopra quella di Grecia e Romania.
I parametri
Tutto per colpa del nostro elevato rapporto debito pubblico/Pil, un parametro considerato come un oracolo quasi infallibile riguardo alla sostenibilità dei debiti. Che però non è evidentemente tale visto che gli Stati Uniti sono ormai arrivati ad avere un debito/Pil oltre il 120%, cioè un valore più alto di quello che aveva l'Italia del 2011, che a quel tempo alcuni paragonarono alla Grecia. Eppure, agli Usa entrambe le agenzie attribuiscono un ottimo rating: AA+. Per non parlare del Giappone, il cui rapporto debito/Pil supera il 250! Ciononostante, anche il Paese del Sol Levante ottiene giudizi più che buoni: A+ secondo S&Ps e A secondo Fitch.
Ma, allora, se la regola che il debito/Pil non è sempre vera e se vi sono altri fattori che possono incidere sui rating, come nel caso di Stati Uniti e Giappone, non si capisce perché ciò non possa valere anche per l'Italia, Paese che può vantare indicatori di stabilità finanziaria molto migliori di altri Paesi, segnatamente Francia e Spagna, che le agenzie di rating trattano coi guanti bianchi, diversamente da come fanno con noi. Di quali indicatori stiamo parlando? Innanzitutto, della posizione patrimoniale sull'estero dell'Italia, Paese creditore netto verso il mondo per ben 225 miliardi di euro, il 10,5% del Pil, alla fine del secondo trimestre di quest'anno (freschissimi dati di Banca d'Italia). Come mostra una bella cartina digitale del Fondo Monetario Internazionale relativa al 2023, l'Italia è uno dei pochi grandi Paesi del mondo ad essere un creditore netto e tra i pochi, assieme a Germania e Giappone, ad esserlo senza possedere grandi risorse di energia o materie prime come nel caso di Arabia Saudita, Sud Africa o Canada.
E che dire, poi, della limitata quota di debito pubblico italiano in mani estere (più che controbilanciata dai crediti privati, fattore che ci permette, appunto, di essere creditori netti), nonostante i recenti acquisti di Btp da parte di investitori stranieri degli ultimi mesi? E del fatto che, come riconosce la stessa Fitch, l'Italia è una delle poche grandi economie che abbia sostanzialmente riportato il suo rapporto debito/Pil ai livelli precedenti la pandemia? Noi lo avevamo già detto tempo fa, avendo fatto in anticipo qualche calcolo, e qualcuno ci contestò di essere troppo ottimisti o addirittura di diffondere dati non veritieri. Invece è oggi l'Eurostat ufficialmente a confermarlo. Infatti, se confrontiamo il nostro rapporto debito/Pil del secondo trimestre 2024 con quello corrispondente del secondo trimestre 2019, antecedente la pandemia, esso risulta superiore di appena lo 0,2% (137% contro 136,8%). Mentre nello stesso periodo quello della Francia è cresciuto di 13 punti percentuali, quello degli Stati Uniti di 17,1 punti e quello della Gran Bretagna di 18,4 punti, solo per fare alcuni confronti.
Le stime
Insomma, nonostante le due agenzie abbiano anche previsto che l'Italia tornerà ad avere presto un surplus di bilancio statale primario (cioè un attivo prima del pagamento degli interessi), secondo Fitch già quest'anno, secondo S&Ps l'anno prossimo, il nostro rating resta sempre inchiodato a livello BBB. Speriamo che prima o poi i valutatori restituiscano all'Italia un po' di giustizia. Chissà, magari sarà una delle prossime istituzioni chiamate ad esprimersi, Moody's o Scope, a promuoverci finalmente almeno di un gradino nella scala dei giudizi.