La vittoria di Donald Trump è stata netta e l’ha portato a conquistare tutti gli stati in bilico, oltre alla maggioranza dei voti popolari espressi: dal 2000 ad oggi era successo solamente in un’altra occasione per un candidato repubblicano.
A suo sostegno, ha costruito una base elettorale complessa, incredibilmente più varia e articolata demograficamente rispetto alla base repubblicana “classica”, negli ultimi anni sempre più incentrata sul voto bianco, maschile, rurale e poco istruito.
I DATI
Dunque, come cambia l’elettorato di Donald Trump rispetto alla sconfitta contro Joe Biden del 2020? Anzitutto, secondo gli exit poll Cnn, il nuovo presidente cresce – e molto – tra i latinos, conquistando ben 13 punti in più: era dai tempi di George W. Bush che non si osservavano numeri così elevati dei repubblicani nell’elettorato ispanico. Il voto latino però non è un voto uniforme, contiene al suo interno diverse sfumature: i dati di Associated Press per il Wall Street Journal evidenziano infatti come Harris ottenga tra il 58 e il 59% in tutti i segmenti tra gli elettori di origine messicana, portoricana, sudamericana e centroamericana, mentre Trump staccherebbe Harris di più di venti punti (59 a 38) tra gli elettori di origine cubana. Rispetto a quattro anni fa il suo guadagno, in termini elettorali, si aggirerebbe tra i 7 e gli 8 punti in ciascuna di queste categorie, anche in quelle a lui più sfavorevoli. In particolare, il recupero di Trump si vede soprattutto negli elettori appartenenti alle minoranze di sesso maschile: non solo tra gli uomini ispanici (nei quali prevale Harris solo di 5 punti su di lui, 51 a 46) ma anche tra gli uomini afroamericani. Barack Obama l’aveva capito per tempo e aveva iniziato una campagna capillare mirata a mobilitare quel target specifico: non è servita, visto che Trump in questo segmento otterrebbe, sempre per gli exit poll Cnn, il 24%, una cifra di gran lunga superiore a quelle a cui i repubblicani sono abituati.
Trump cresce anche tra i giovani (6 punti in più tra gli under 30) e tra gli elettori cattolici (ben 9 punti in più): complessivamente, la tendenza è stata di una sua crescita generale, in buona parte dei gruppi demografici e sostanzialmente in tutte le aree geografiche del Paese, dalle coste al sud, passando per il midwest. Kamala Harris ha migliorato i dati di Biden solamente in alcuni micro-segmenti femminili, come le elettrici ad alto tasso di scolarizzazione, le “white college women” e le elettrici anziane, ma, con una sconfitta così netta, sono pochi i rimorsi e ancor meno i target che potevano “ribaltare la sfida”. Il tanto ambito boom di consensi tra le donne non c’è stato, anzi, anche lì Trump ha migliorato le performance attese, e le grandi città hanno risposto meno del previsto.
LA NOVITÀ
Forse, osservando l’impressionante mole di dati a cui assistiamo dall’election night, ce n’è uno che più di tutti spiega l’esito di questo voto, e che verosimilmente ci dice che quello del 5 novembre è stato un voto molto più prevedibile di quanto gli analisti ritenessero (il pronosticato testa a testa non c’è stato). Il 57% degli intervistati nel votecast di Ap nel giorno del voto, infatti, disapprova l’operato del presidente Joe Biden: è stato quindi un voto di cambiamento, in cui si cercavano risposte a emergenze concrete. E questo voto ha generato un elettorato nuovo a sostegno del presidente: più trasversale, più vario, più rappresentativo delle complessità degli Stati Uniti d’America. I repubblicani, da ieri sera, non sono più solo il partito degli elettori bianchi e del mondo rurale.
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