Prima la Romania, poi la Siria. In mezzo quello che Giulio Tremonti definisce un filo rosso, ossia "l’eterna questione dei confini, tornata alla ribalta dopo la crisi della globalizzazione". Per l'ex ministro delle finanze nel governo Berlusconi "la Siria ci fa fare un salto indietro nel passato, la Romania nel futuro". Ma in ogni caso "sono due facce della stessa medaglia". Raggiunto dal Corriere della Sera, l'attuale presidente della commissione Esteri della Camera torna al Trattato di Versailles. Alla dissoluzione dell’Impero ottomano, infatti, seguì "una sorta di colonizzazione moderna sotto forma di mandati. Per mantenere sfere di potere e di interesse economico, quell’area enorme fu divisa in confini che spesso non avevano logica e identità. E tutto oggi ci riporta a quello che era il cuore dell’impero, la Turchia. A 100 anni fa".
E a oggi, ne è certo l'esponente di Fratelli d'Italia, "stanno tornando i confini ottomani. La regia geopolitica è turca e sì, il consolidamento potrebbe essere positivo: meglio la Turchia che l’anarchia". Allora dove risiede il nesso con la Romania? Per Tremonti tra i due paesi c'è un legame dovuto alla crisi delle democrazie e allo spartiacque rappresentato dalla caduta del muro di Berlino. "Il 1989 - sostiene - è stato è stato l’avvio di una rivoluzione che avrebbe svuotato i Parlamenti. Un fenomeno di devoluzione dei poteri degli Stati, verso l’alto all’Europa, e di lato verso il mercato, perché si spezzava la catena Stato-territorio-ricchezza".
"Perché a rischio c'è il futuro dell'Europa": Giulio Tremonti, il peggiore degli scenari
Insomma, "l'origine dei problemi non era più necessariamente all’interno del proprio Stato, ma al di fuori. Immigrazione, finanza, macchine che rubano il lavoro. E la globalizzazione. Però le democrazie non sono morte. C’è ancora chi va a votare, ma è la realtà che è cambiata, e non è colpa dei populismi, che non vanno demonizzati ma studiati, capiti, per agire". Anche a Bucarest il tema è quello dei confini. "La Rete ne è un aspetto. In Romania c’è stato un attacco alla struttura politica dello Stato che è arrivato dall’esterno, dalla Rete, e io credo che sia stato giusto annullare le elezioni. La realtà ci pone di fronte a grandi sfide, ma sono risolvibili".