Scandalosa "Repubblica": ecco come ci presentano il leader jihadista siriano

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Giovanni Sallusti 12 dicembre 2024

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Chiudete tutto, sbaraccate l’edificio della logica formale, archiviate l’aristotelico principio di non contraddizione ma, molto più modestamente, anche il mestiere giornalistico. Non c’è più niente da dire: il punto di non-ritorno sublime a cui è arrivata Repubblica non è oltrepassabile, siamo allo zenit della (neo)lingua. Signori e signore (rigorosamente un passo indietro, mute e possibilmente velate) ecco a voi lo jihadista liberista. Non è l’ultima creatura partorita da un autore della Marvel con problemi di alcolismo, è il ritratto del nuovo primo ministro siriano Mohammed al Bashir pubblicato ieri sul quotidiano progressista, ormai esegeta ufficiale dei fondamentalisti sunniti che hanno in pugno Damasco. «Un liberismo sfrenato unito al rigore della legge coranica»: voilà la «ricetta sorprendente per risollevare l’economia» che hanno in mente lorsignori, un po’ Scuola di Chicago e un po’ madrassa, tra Milton Friedman e il Mullah Omar. E l’uomo chiave di questa variante teocratica del liberalismo (qualcuno corra a puntellare la tomba di John Locke) è appunto lui, Bashir, già «premier della confraternita sunnita di Idlib», un luogo dove si dibatteva abitualmente sulla definizione dei diritti naturali dell’individuo (pare fosse molto gettonata la risposta: ‘sta cippa).


Bashir rappresenta un’evoluzione del suo dante causa, il leader dei ribelli coranici al-Jolani, già descritto da Repubblica come un «pragmatico». Qui siamo addirittura in presenza di «un tecnocrate islamista», un Draghi col Califfato al posto della Bce, ma maggior scatto riformista: «cerca soluzioni concrete per aumentare il benessere, bandendo la corruzione e le oligarchie» (non sappiamo se i colpi di Spread vengano sostituti da pragmatici colpi di machete). La prova inconfutabile di tutto ciò è che «il nuovo premier ha due lauree: una in ingegneria, da cui nasce la passione per la digitalizzazione della burocrazia; l’altra in sharia, la legge coranica, da cui scaturisce il rigore morale nell’amministrazione». Vuole aggredire la Bestia statalista e sprecona alla Reagan, l’ultraliberista Bashir, ma senza edonismo, con quel rigore morale che era sconosciuto a quel debosciato attore di serie B. Riassume il vicedirettore di Rep. Gianluca Di Feo, e ha tutta l’aria di essere serio: «Progresso materiale e valori etici sono la sintesi del suo programma».

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I «valori etici» sarebbero sempre la sharia, lo ribadiamo a beneficio del lettore stordito da un tale potpourri ideologico, ovvero quella legge divina per cui la donna è inferiore all’uomo, l’infedele è inferiore al credente (in Allah). Forte di questi solidi riferimenti liberali, «Bashir vuole lanciare una terapia d’urto: introdurre un’economia di mercato, liberista e competitiva». Addirittura, «promette che non ci saranno più monopoli, né restrizioni agli investimenti»: al confronto, la rivoluzione thatcheriana degli anni ‘80 era socialismo mascherato. Ci sarebbe solo quel lievissimo dettaglio, quella nota che stona appena con lo spartito della libertà: «Nei suoi piani viene esplicitata la matrice fondamentalista, con l’impegno a usare la mano dura contro i profitti sproporzionati e gli accaparramenti delle merci». È il qaedista liberista, pronto a mozzare la mano al capitalista approfittatore. Chiudete tutto.

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