Il misterioso magnate e imam turco Fetullah Gulen è morto negli Stati Uniti all'età di 93 anni. In Turchia era accusato del fallito golpe del 2016, nonostante numerosi anni di collaborazione con Recep Erdogan
Chi è stato Fetullah Gülen? Un sedicente studioso turco e musulmano, autorevole pensatore, scrittore, opinion leader e attivista educativo. Più complesso stabilire cosa abbia rappresentato per la Turchia e per Recep Erdogan, suo eterno frenemy. Gülen si è spento a 93 anni negli Stati Uniti, suo buen retiro dalla fine degli anni Novanta, ancor di più quando in Turchia è stato bollato come la mente del tentato golpe del 2016.
Chi era Fetullah Gülen
Il magnate che ha fatto la sua fortuna a suon di sermoni sul dialogo interreligioso e interculturale, la scienza, la democrazia e la spiritualità, ha incentrato il proprio impero su una rete di scuole fondate in Paesi dei Balcani, Asia Centrale, Caucaso e Turchia. Inizialmente trasferitosi negli Usa per motivi di salute, decise poi di stabilirsi in America per evitare indagini giudiziarie e persecuzioni da parte dei militari, recludendosi nella sua gigantesca tenuta in Pennsylvania.
La storia di questo santone made in Turchia è sempre stata ammantata di mistero. Classe 1942, era originario di Erzurum: sebbene non siano note le sue esperienze formative e di studio, ciò che si sa per certo è che fosse in possesso delle autrorizzazioni necessarie a poter predicare come imam, attività che svolse regolarmente, prima ad Edirne e poi ad Izmir, fino al 1971, anno in cui venne arrestato con l'accusa di svolgere "attività religiose clandestine". Da quel momento in poi, i militari turchi saranno sempre sulle sue tracce, mettendogli i bastoni fra le ruote, anche a causa della sua crescente popolarità. Ma attenzione: gli anni dell'ascesa di Gülen corrispondoni ai decenni d'oro del laicismo turco, difeso a spada tratta proprio dalle forze armate che più volte sventano colpi di Stato e svolte islamiste. Tenere a bada il popolare imam, pertanto, si giustificava con la difesa della Turchia laica e libera. Ma è proprio dopo un golpe, quello del 1980, che scelse di ritirarsi dall'attività di imam, almeno quella pubblica.
La filosofia di Gülen: pensatore radicale o imam moderato?
Ma quale è esattamente il nocciolo del pensiero del serafico imam? In primo luogo, il cosiddetto "gulenismo" dissuade fortemente i suoi seguaci dal proselitismo aperto, esortandoli, invece, a praticare il temsil: vivere da musulmani in ogni momento, dare il buon esempio e incarnare i loro ideali nel loro modo di vivere. In secondo luogo, il movimento spinge sulla nostalgia storica verso l’antica Turchia, che un tempo consentì a musulmani e non musulmani di vivere in pace. L'idea che questo progetto potesse giungere in tutti i luoghi apicali del potere turco basta a spiegare la condanna in contumacia dell'imam, seguita dall' assoluzione nel 2008. Nel gulenismo c'è tutto e il contrario di tutto: gli insegnamenti di sufi come Jalal al-Din Rumi e Yunus Emre, l'ideale di tolleranza attraverso cui l'Islam può armonizzarsi alla modernità, avvicinarsi all'Occidente e coniugare conservatorismo religioso con i passi avanti della scienza. Ecco spiegato perché è stato spesso acclamato come esempio di Islam moderato assumendo tinte anti arabe, anti iraniane, anti curde, ma filo israeliane e, più in generale, filo occidentali.
Autoesiliatosi negli Stati Uniti per ragioni di salute, l'imam Gülen è rimasto oltreoceano per tutto il resto della vita, godendo del placet dell'estabilishment Usa. In Europa l'opinione su Gülen, tuttavia, restò ondivaga: nel 2008 il governo olandese aveva accusato il movimento di comportamenti anti-integrazione, denunciando il rischio radicalizzazione, tagliando drasticamente i fondi alle organizzazioni a lui affiliate. Un vero impero costituito da un capitale stimato in 25 miliardi di dollari, architrave di una rete di banche, agenzie di intermediazione e analisi finanziaria, media, associazioni, fondazioni, scuole, università, linfa vitale per la diffusione del suo pensiero.
Il rapporto con Erdogan e il golpe del 2016
Quando Erdogan giunge al potere in Turchia, le predicazioni dell'imam Gülen e i disegni neottomani del nuovo sultano possiedono fin da subito un nemico comune: l'esercito. Così quando Erdogan diviene premier, diverse indagini della polizia, congiunte a inchieste della magistratura, iniziano a minare l'immagine stessa dei militari e il loro storico ruolo. Così, almeno fino al 2013, l'imam è stato uno degli uomini fidati di Ankara e dell'Akp. Quelli che oggi sono i movimento di Gülen –l’Hizmet o Cemaat-, che il governo turco definisce alternativamente “Organizzazione Terroristica di Fethullah” (FETÖ) oppure “Organizzazione dello Stato Parallelo” (PDY) – finirono per molto tempo a servire il presidente turco. Grazie ai giudici e agli ufficiali di polizia affiliati al gulenismo, Erdogan colpì con inchieste ad hoc l’opposizione kemalista con epurazioni di Stato. Per ripagare di Gülen di tanta fedeltà, tutti gli epurati vennero sostituiti con suoi affiliati. Ma questa macchina perfettamente oliata si inceppò nel 2010: l’imam chiese ben 100 seggi assicurati alle elezioni dell'anno successivo. Erdogan rispose picche e, da allora, fu scontro aperto.
La sera del 15 luglio del 2016, quando una fazione interna all'Esercito si rese protagonista di un tentativo di colpo di stato costato la vita a 249 persone, Gülen divenne il colpevole perfetto. Venne accusato di aver creato un'organizzazione terroristica e un vero e proprio "stato parallelo" con l'obiettivo di deporre Erdogan. Di questa entità farebbero parte militari, politici, giornalisti e numerose altre componenti della società turca. Da allora, al di là delle purghe di Stato, la Turchia ha iniziato una vasta operazione di pressione sui governi stranieri per estradare presunti terroristi legati all’imam. Erdogan mette a soqquadro i Balcani, dove numerosi gulenisti hanno trovato riparo, riuscendo nel suo intento. Gülen, intanto, nega categoricamente di essere coinvolto e i suoi sostenitori respingono le accuse come ridicole e politicamente motivate.
Gli Stati Uniti negano l'estradizione, affermando di aver bisogno di ulteriori prove. Restano oggi un imponente impero finanziario e migliaia di accoliti in tutti il mondo: ma soprattutto un pozzo senza fondo di segreti di Stato.