Niente carcere per Shu Zou, 30 anni, e lo zio 49enne Liu Chongbing, accusati di avere ucciso con delle forbici un ladro - il 37enne Eros Di Ronza - che stava tentando di portare via dei gratta e vinci dal loro bar-tabaccheria in viale Da Cermenate a Milano.
Lo ha deciso il gip milanese Tiziana Gueli, convalidando l'arresto per omicidio volontario e disponendo per entrambi la misura dei domiciliari.
Ladro ucciso a colpi di forbice, gestori del bar scarcerati
La «legittima difesa», invocata dal difensore Simone Ciro Giordano, non è stata riconosciuta dal gip, il quale però scrive che il delitto è «maturato in un contesto particolare», poiché i due arrestati avevano «appena subito un furto che, a quanto dichiarato, è soltanto l'ultimo di una lunga serie».
La ricostruzione
Uno dei due ha sostenuto che lui non ha ucciso, perché è arrivato «solo alla fine», e l'altro ha raccontato di aver «colpito per paura, per reazione», dopo essere stato aggredito.
Sono le versioni difensive portate davanti al gip dai due cinesi, marito e nipote della titolare di un bar, arrestati per aver ammazzato un ladro che stava tentando di portare via dei Gratta e Vinci. Omicidio volontario da parte di entrambi, sostiene la Procura, che chiede che restino in carcere, anche perché le immagini parlano chiaro.
Una telecamera di sorveglianza vicino al bar-tabaccheria di viale Da Cermenate, scrive la pm Maura Ripamonti nella richiesta di convalida e di custodia cautelare, «dimostrano chiaramente come i fendenti», sferrati con delle forbici con lama da 11 centimetri, «sono numerosi e caratterizzati da estrema violenza». Almeno venti, stando all'imputazione, «al petto, all'addome, alla schiena, ai fianchi, alle gambe ed agli arti superiori». Il medico legale ha contato 36 ferite. Va sottolineata, mette nero su bianco la Procura, guidata da Marcello Viola, nelle indagini della Polizia, «la sproporzione della reazione e, anzi, l'efferatezza» con cui Eros Di Ronza, 37 anni con precedenti penali, viene colpito «prima da dietro, quando, con tutto il busto ancora dentro il bar, nemmeno può accorgersi della presenza dei titolari e poi finito quando ormai è inerme a terra, con una serie di colpi inferti con forza, in una sequenza in cui la lontananza della scena rispetto alla telecamera non riesce a mascherarne l'estrema drammaticità".
L'omicidio
Shu Zhou, 30 anni, sceso da casa, poco prima delle 5, dopo che era suonato l'allarme, avrebbe schivato un casco lanciatogli contro dal complice del 37enne, che faceva da «palo» e che è riuscito a fuggire (poi identificato e indagato). E avrebbe iniziato «a colpire Di Ronza» mentre strisciava «all'indietro» cercando «di uscire dall'esercizio, sotto la saracinesca parzialmente forzata». Poi, quando il 37enne «cercava di scappare», lui e lo zio, Liu Chongbing, 49 anni, arrivato poco dopo, «lo inseguivano, lo atterravano e lo colpivano con ulteriori violenti fendenti» mentre «era a terra», fino ad ucciderlo. «Ho dato un pugno al ladro e adesso sta quasi morendo», ha detto nella telefonata al 112 Shu. E poi agli agenti: «sono stato io, sono stato io». E nella primissima testimonianza ha riferito che era «allarmato» dalla «imprevedibile azione» del ladro e per questo avrebbe usato le forbici, portate da casa. «L'ho inseguito, l'ho raggiunto, mi ha aggredito e per paura l'ho colpito», ha risposto oggi alla gip Tiziana Gueli, che domani deciderà su convalida e misura. Mentre lo zio, che aveva già messo a verbale di aver solo aiutato il nipote «ad immobilizzare l'uomo», ha negato di essere coinvolto nell'uccisione.
Zio che, scrivono i pm, l'avrebbe invece «sopraffatto», dopo che il nipote era caduto a terra, e che ha messo la sua «vestaglia di colore bianco (ripresa dalle immagini)" in una «bacinella» per «cancellare le tracce biologiche». Il legale Simone Ciro Giordano ha chiesto la scarcerazione per entrambi, in subordine i domiciliari, invocando la «legittima difesa» o come minimo «l'eccesso colposo». Nessuno dei due cinesi, fa notare la Procura negli atti in cui si mette in luce il pericolo di reiterazione e la loro «pericolosità sociale», ha «riportato la benché minima ferita», perché Di Ronza non ha reagito. Anche se «l'azione si colloca» in «uno stato di rabbia a fronte del tentativo di furto, probabilmente non il primo con quelle modalità", non c'è legittima difesa, anche perché «la fase di maggiore violenza» avviene «quando ormai l'intera refurtiva», quei pochi Gratta e Vinci, «era stata persa e l'uomo era a terra». E gridava «aiuto».