«Dietro al dito Albania c’è la luna Italia». A palazzo Chigi l’allerta è massima. Accanto alla premier c’è infatti chi teme «possa venir meno l’intero sistema Schengen». Secondo i vertici del governo le sentenze del Tribunale di Roma che non hanno convalidato il trattenimento dei 12 migranti i nel centro di Gjader più che rischiare di far naufragare il modello di esternalizzazione della gestione migratoria su cui Giorgia Meloni ha messo la faccia, potrebbe tradursi nell’impossibilità di espellere chicchessia dalla Penisola, aprendo le porte ad «una immigrazione libera».
IL CDM
Non è un caso quindi che Meloni abbia convocato d’urgenza il Consiglio dei ministri per domani pomeriggio alle 18 con l’intento deliberato di superare l’attuale impasse.
Sul tavolo c’è la definizione di una norma utile sia ad alzare il «livello giurisdizionale» che a fornire all’esecutivo degli strumenti per bilanciare azioni simili da parte dei giudici. Il primo tassello consiste nell’inserimento sotto forma di allegato della lista dei Paesi sicuri (da allegare semestralmente) all’interno di un decreto legge anziché, come accade in questo momento, in un decreto interministeriale. Un passaggio che non consentirà più ai tribunali di disapplicarne tout court il principio ma, al massimo, di sollevare una questione di legittimità costituzionale, con tutto ciò che ne deriva in termini temporali.
Il secondo punto sta nel conferire più poteri alle commissioni che esaminano le singole domande di richiesta di asilo internazionale. L’idea è rivedere i meccanismi successivi al ricorso all'autorità giudiziaria rendendo appellabile anche la mancata convalida o la sua conferma disposta dal giudice. Una sorta di contro-ricorso rispetto a quanto deciso dalla magistratura, antecedente rispetto alla Cassazione.
Infine, in attesa di definire una strategia che per controbattere ad un ipotetico intervento della Corte dei Conti, nella relazione illustrativa che accompagnerà il testo è probabile vi si un riferimento alla sentenza della Corte europea che ha reso più stringenti i criteri per definire un Paese come sicuro o meno. Un modo, quest’ultimo, per provare a limitare nuove azioni che il governo non fatica a considerare ideologizzate e per dimostrare come la piena attuazione della legislazione europea non sia affatto in conflitto con i principi definiti dalla norma in arrivo. Un’accortezza utile anche ad evitare possibili incomprensioni con il Quirinale.
Il Colle - con cui pure palazzo Chigi si sta interfacciando per il provvedimento che verrà presentato domani, e che resterà aperto sino all’ultimo momento - per ora preferisce non prendere posizione. Sergio Mattarella però ha più volte lasciato intendere di non voler essere tirato per la giacchetta da uno schieramento politico piuttosto che da un altro. L’assenza di una posizione andrebbe quindi intesa come un’assenza di elementi pregiudiziali, anche rispetto all’iniziativa a cui sta lavorando il governo. A filtrare semmai è il dispiacere per l’intensificarsi degli scontri tra esecutivo e magistrati.
IL BOOMERANG
Una battaglia che, come ha confidato ai suoi, Meloni avrebbe intenzione di combattere «colpo su colpo». Non solo perché il progetto da 650 milioni in 5 anni è stato concordato con Edi Rama da lei in prima persona, quanto perché è convinta possa tramutarsi in una sorta di boomerang per le opposizioni. Cosa accadrebbe qualora il “modello” applicato dal Tribunale di Roma dovesse essere replicato su larga scala? E cosa, invece, se uno dei richiedenti asilo che dovesse beneficiare della sentenza dovesse commettere un reato?
Interrogativi molto in voga a via della Scrofa come nel resto del centrodestra. Difficilmente, ragiona uno dei colonnelli meloniani, «potrebbe non essere imputabile al centrosinistra che sta appoggiando le scelte della magistratura». Un effetto che la maggioranza prevede possa ravvisarsi già alle prossime elezioni Regionali. E cioè quando i cittadini liguri saranno chiamati alle urne la settimana prossima o quando lo saranno quelli umbri e ed emiliani il 17 e il 18 novembre prossimi.