Pochi casi, voci unilaterali e autocitazioni nel report che accusa gli agenti di razzismo
La prima domanda che sorge spontanea dopo aver letto il rapporto sull'Italia realizzato dall'Ecri, la «Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza» del Consiglio d'Europa in cui si accusa la polizia italiana di adottare «potenziale razzismo istituzionale», è quale siano state le fonti consultate per essere giunti a tale conclusione. Il risultato è sconfortante ma non stupisce perché tra auto citazioni, organizzazioni schierate e giornali progressisti emerge un quadro di parte e tutt'altro che imparziale. Non stupisce perché siamo ormai abituati a enti, gruppi di ricerca, commissioni o pseudo tali che, sotto l'egida dell'Unione europea, realizzano dossier tutt'altro che super partes ma spacciandoli come tali. Il risultato del documento dell'Ecri che ha portato alla dura reazione di Giorgia Meloni e Sergio Mattarella è che, a forza di cercare a tutti i costi comportamenti razzisti o xenofobi dove (per fortuna) non ci sono, gli unici ad essere davvero discriminati sono le forze dell'ordine italiane vittime di un pregiudizio anti italiano.
Al termine del documento è presente una bibliografia che «elenca le principali fonti di informazione pubblicate che sono state utilizzate durante l'esame della situazione in Italia». La principale fonte utilizzata sono documenti redatti dalla stessa Ecri negli anni passati, in sostanza una lunga carrellata di autocitazioni. Per intenderci, sarebbe come se in un progetto universitario un ricercatore si autocitasse come principale fonte, da un punto di vista scientifico sarebbe considerata una ricerca poco affidabile.
Scorrendo le altre fonti utilizzate emerge un documento realizzato da Amnesty international (non proprio una realtà super partes anche alla luce dei giudizi politici espressi negli ultimi anni) intitolato «Barometro dell'Odio Elezioni Politiche 2022». Vale la pena leggere qualche passaggio di questo documento in cui si sostiene che Giorgia Meloni ha «pubblicato più contenuti problematici» sulla giustizia di genere o Matteo Salvini «ha pubblicato più contenuti problematici» sull'immigrazione. Il quadro che emerge dalla ricerca di Amnstey è in sostanza una visione degli esponenti di centrodestra animati da posizioni giudicate «problematiche» dai diritti ai temi etici. Altra fonte citata a più riprese è l'Arcigay, in particolare per il «Report Omotransfobia 2023», mentre le organizzazioni Lgbt sono tenute in grande considerazione come fonti a partire dall'International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (Ilga). Il gender diventa una fonte scientifica che non si può contestare come le «linee guida per la Carriera Alias» dell'Università di Bologna citate dall'Ecri.
Alla realizzazione del rapporto hanno contribuito anche fonti del mondo giornalistico con articoli (soprattutto di testate straniere) sull'Italia, tra questi compare un articolo di «Gay.it» sul riconoscimento del tribunale di Trapani «all'autodeterminazione di genere di una donna trans» e un articolo di «Huffpost» con le dichiarazioni del ministro Guido Crosetto sulle Ong. Le testate internazionali citate sono tutte progressiste come «The Guardian» o «Le Monde» e raccontano episodi o situazioni avvenute in Italia in modo sporadico utili però per raggiungere le tesi esposte nel documento.
La sensazione è che entità come l'Ecri(composta da 46 esperti, uno per ogni stato membro del Consiglio d'Europa) debbano segnalare situazioni di discriminazione o di razzismo anche quando non ci sono (come nel caso della polizia italiana) per giustificare il senso stesso della loro esistenza.