Smantellata rete che gestiva il traffico di migranti dal Medio Oriente alla Calabria. Guadagni milionari, intercettazioni choc e infiltrazioni mafiose nell'operazione "Levante"
"Pecore" o "piccioni". Numeri e soldi, non certo persone. Quando si parla di lotta all’immigrazione clandestina che il governo persegue - vedi la legislazione sui "Paesi sicuri" e gli hotspot in Albania - si pensa giustamente solo ai diritti dei profughi e mai alle valanghe di euro che vanno in tasca ai mercanti di uomini. Soldi che poi potrebbero finire nelle mani delle nostre mafie, per cui gli irregolari sono solo carne da cannone per i loro traffici. Basta vedere che cosa è successo a Crotone con l’operazione "Levante", coordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita dalla Guardia di Finanza. È stata scoperta "un’organizzazione che opera su più piani", dalla Calabria a Milano che "sfrutta la disperazione dei migranti", dice il procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla. Dietro le 13 ordinanze di custodia cautelare ci sarebbe un’organizzazione criminale radicata in Turchia e Irak, con diramazioni in Francia e Grecia, dedita alla gestione del trasporto via mare di migranti irregolari diretti in Calabria e provenienti, prevalentemente, dal Medio Oriente e da Paesi asiatici come Irak, Iran, Kurdistan, Afghanistan, Pakistan, Siria e Libano.
Esattamente i passeggeri della sfortunata imbarcazione che si è schiantata a Steccato di Cutro nel febbraio del 2023, ma è plausibile ipotizzare i possibili appetiti della ’ndrangheta sul mercato di uomini. Gli inquirenti presenti alla conferenza stampa - il generale Antonio Quintavalle (Scico), il comandante regionale Gdf Gianluigi D’Alfonso e il comandante provinciale di Crotone, colonnello Davide Masucci, hanno escluso contatti e collegamenti dell’organizzazione con la ’ndrangheta o con chi ha organizzato quel drammatico naufragio, ma è pacifico il riserbo sulle infiltrazioni ’ndranghetiste in un business così danaroso, di cui peraltro le mafie locali fanno fatica a vantarsi. Basti pensare che "l’agenzia di viaggio illegale" attingeva soprattutto dal bacino di migranti non richiedenti asilo del Cara di Isola Capo Rizzuto, a poca distanza da Crotone, la cui gestione era epicentro degli interessi mafiosi delle famiglie della zona da essere commissariato dalla Croce rossa da più di un anno. Nel 2015 l’operazione Jonny servì a svelare l’intreccio affaristico-mafioso dietro il business dell’accoglienza. Basti pensare alle cifre snocciolate in conferenza stampa. Il costo della traversata dalla Turchia alle coste italiane e calabresi oscillava tra i 7mila e i 10mila euro, per coprire biglietti, passaporti e spostamenti sul territorio italiano (fino a Ventimiglia, dicono gli inquirenti) il budget minimo per ogni migrante era di circa 15mila euro.
Per riciclare i flussi finanziari movimentati dall’organizzazione serviva una copertura apparentemente legale, sono stati infatti sequestrati tre esercizi commerciali (due minimarket e un negozio di telefonia) dove si eseguivano - con il cosiddetto sistema Hawala - operazioni di "money transfer" illegale con sede a Ventimiglia, Roma e Milano. "Nelle intercettazioni i migranti venivano definiti dai trafficanti con termini come "pecore e piccioni", hanno evidenziato gli investigatori.
Solo nel 2014 "il capo dell’organizzazione, secondo quanto emerge da un’intercettazione, diceva di aver guadagnato 65mila euro solo per il trasporto via mare". Certo, per colpa di leggi molto severe "c’è il rischio di essere arrestati e di farsi tre anni di carcere", commentano gli indagati. Ben poca cosa rispetto alle migliaia di euro guadagnate sulle spalle dei disperati.