Senza i 123 miliardi spesi per il Superbonus, fa sapere Giorgia Meloni, «avremmo potuto aumentare le pensioni minime di 20mila euro per ciascun pensionato». Intanto, per il 2025, gli assegni nella fascia più bassa salgono salgano di appena tre euro rispetto allo scorso anno, attraverso la rivalutazione all’inflazione. Cioè dagli attuali 614,77 euro a 617,9 euro. E tanto basta per scatenare forti tensioni.
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Gli interventi del governo
Viste le poche risorse a disposizione, il governo ha deciso di intervenire in maniera molto cauta sul fronte previdenziale: non ci sono state accelerazioni su una maggiore flessibilità di uscita per superare la Fornero (come chiesto dalla Lega) né si sono avute spinte, in senso contrario, per restringere i criteri di accesso, per esempio con l’introduzione di finestre mobili come avvenuto in passato. In quest’ottica, ha finito per risentirne anche il tentativo del governo di effettuare una piena rivalutazione all’inflazione per tutti gli assegni pensionistici. Come nel 2023, è stato deciso di rafforzare soprattutto gli assegni più bassi: ma se nella scorsa legge finanziaria erano stati impegnati 465 milioni di euro, in quella appena sbarcata in Parlamento si è puntato a impiegare 290 milioni per il 2025 e 175 milioni per il 2026. Risultato? Le minime passano da 614,77 euro a 617,9. Per arrivare a questa cifra si è partiti dal trattamento minimo del 2023 (598,61 euro) portando l’aumento transitorio deciso lo scorso anno al 2,2 per cento (contro il 2,7 per cento per il 2024) e una rivalutazione del caro vita al 1,2 per cento.
La Uil ha parlato di una misura che «vale 10 centesimi al giorno», il Movimento Cinquestelle e Avs di «un’elemosina». Nel Centrodestra Forza Italia spera di riaprire questo capitolo. Il leader e vicepremier, Antonio Tajani, anche ieri, ha ripetuto: «Per quanto riguarda la manovra, io ho detto che può essere migliorata in base ai risultati del concordato preventivo». Con un incasso in linea con le previsioni, gli azzurri guardano in primo luogo a ridurre le aliquote Irpef, ma non escludono un ulteriore ritocco verso l’alto delle minime.
Sul versante delle minime, è andata peggio ai pensionati italiani che vivono all’estero. In manovra è stato previsto di «limitare l’effetto della perequazione sugli importi pensionistici dei pensionati residenti all’estero solo ai pensionati con reddito pensionistico superiore all’importo minimo». Non ci sarà quindi rivalutazione per circa 60mila ex lavoratori.
Guardando alle altre misure, e in ottica di flessibilità pensionistica, il governo ha rifinanziato Quota 103 - con «un accesso anticipato alla pensione che richiede, contemporaneamente, la maturazione di almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi nel solo anno 2025 - l’Ape sociale e Opzione donna. Torna, anche se ampliato, il Bonus Maroni. E con una duplice finalità: frenare ancora di più il ricorso alle uscite anticipate (al 2023 venivano pagate 6.906.641, in un numero quasi pari a quelle di vecchiaia), mantenere a lavoro figure esperte che non si riescono a reperire, soprattutto per il pubblico impiego. In manovra sono previsti incentivi per chi decide di rinviare la pensione nonostante la maturazione dei requisti per l’uscita: in sintesi, chi resta può vedersi riconosciuta in busta paga il corrispettivo di contributi che il datore deve versare all’ente previdenziale. La misura è su base volontaria e se otterrà un numero importante di adesioni potrebbe garantire un risparmio alle casse previdenziali di 20 milioni nel 2025, che potrebbe salire a 342 milioni nel 2034. Cancellato, poi, per i pubblici l’obbligo di uscita Al raggiungimento della pensione.
Fondi complementari
Modifiche anche nella gestione del Tfr versato per la previdenza complementare: o lavoratori potranno utilizzare una parte dei versamenti ai fondi pensionistici per raggiungere la soglia minima per la liquidazione della pensione di vecchiaia.