ROMA Poliziotti nei centri commerciali, in ospedale, vicino alle fabbriche e alle località turistiche. E un super-database per incrociare informazioni sensibili su criminali e migranti illegali in mano a tutte le forze dell’ordine.
Assalti mirati e armi fatte in casa. Così torna l’incubo del terrorismo
È la stretta securitaria del governo per far fronte alla minaccia terroristica che la guerra in Medio Oriente aggrava anche qui in Italia così come alla criminalità comune che ogni giorno riempie i rotocalchi di cronaca nera. Contenuta in un emendamento alla riforma della Polizia che Il Messaggero ha visionato e apre una fase due sul fronte sicurezza. Ma entra anche nel dibattito sul mercato nero dei dossieraggi che agita la politica. Già perché il nuovo data-base contro il terrorismo e l’immigrazione irregolare prenderà le mosse proprio da quel Ced (Centro elaborazione dati) da cui la “banda di via Pattari” al centro delle indagini della Dda milanese sottraeva informazioni sensibili per fabbricare e vendere dossier illegali su politici, imprenditori, vip.
LA CENTRALE UNICA DEI DATI
Ebbene, la più grande banca dati in mano alle forze dell’ordine e ai Servizi si farà ancora più grande. Sarà interconnessa all’Afis (Automated fingerprint identification system) e al Casellario centrale d’Identità. Cioè al database che raccoglie le impronte digitali di tutti i cittadini italiani e stranieri sottoposti a procedimenti penali e insieme dei migranti che richiedono il permesso di soggiorno.
In altre parole, il Viminale potenzia la rete di informazioni a disposizione delle forze dell’ordine, accentra e stringe i controlli. E al tempo stesso dà il via a una riforma inedita delle forze di sicurezza. Nascono i «centri di polizia distaccati». Postazioni di cinque, sei agenti saranno messe in piedi vicino «ai presidi ospedalieri, ai centri commerciali, alle zone industriali e alle località turistiche». Con l’obiettivo, spiega il testo limato dagli uffici del Viminale, di «corrispondere alle maggiori esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di prevenzione generale e repressione dei reati».
Poi una postilla che non passa inosservata: la maxi-riorganizzazione dettata dal ministero di Matteo Piantedosi d’intesa con la premier Giorgia Meloni si rende necessaria «anche a fronte della crescente minaccia terroristica». L’immigrazione illegale che torna ad agitare le acque del governo. L’ombra del terrorismo jihadista riapparsa in Europa con la guerra tra Israele, Hamas ed Hezbollah. Giorno per giorno, la criminalità comune che miete vittime, storie di violenza domestica che irrompe improvvisa, femminicidi.
Meloni aveva promesso una ripartenza dopo la pausa estiva all’insegna della sicurezza. Ora il governo passa ai fatti. Le nuove postazioni di polizia sorgeranno in luoghi sensibili o trafficati, dove la minaccia è più seria. Nei pronto-soccorso, nei centri commerciali già inondati dallo shopping natalizio. Presidi formati da cinque o sei agenti di polizia, da smobilitare e spostare se necessario. Un decreto del Capo della Polizia Vittorio Pisani deciderà quanti agenti posizionare e dove. A farsi carico del nuovo sforzo - a parità di organico, dunque niente assunzioni extra - saranno le pantere blu. Non solo nei capoluoghi di provincia, ma anche nei centri abitati più periferici, dove per legge oggi la tutela dell’ordine pubblico spetta in via prioritaria all’Arma dei Carabinieri.
Una svolta che risponde al mantra ripetuto più volte da Meloni e Piantedosi nei due anni al governo. E cioè dare ai cittadini impauriti e insicuri anzitutto «la percezione» della sicurezza dentro e fuori le città. Utile, questa almeno è la speranza, a consolidare il consenso politico di chi governa. La fase due, si diceva, parte con il nuovo super-database del Viminale che darà «a tutte le forze di Polizia» la «disponibilità immediata di dati incrociati per finalità investigative e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica». Può sembrare paradossale, mentre dagli inquirenti trapelano dettagli sulle falle di sicurezza e le talpe che hanno permesso alla società Equalize di trafugare un fiume di informazioni riservate dal Ced, rinforzare e ampliarne il perimetro.
Dal ministero però danno un’altra versione. La nuova norma, che mette sotto l’ombrello del Centro anche la banca dati delle impronte di migranti e criminali, servirebbe anzi ad accentrare i controlli e “blindare” un database sensibile e ritenuto oggi meno sicuro del Ced. «Consentirà l’estensione delle garanzie previste in materia di controllo, conservazione dei dati, di accesso e di consultazione». È insomma molto più di un semplice restyling. L’Afis, si legge nel testo, «costituisce una piattaforma di servizi identificativi integrata in numerosi processi, essenziali per i compiti istituzionali delle Forze di polizia, con una importante proiezione internazionale». In pancia ha anche i dati scambiati con l’Interpol.
I BARCHINI ANTI-SCAFISTI
Il risultato è un enorme database d’ora in poi a disposizione di tutte le forze dell’ordine, non solo più della Scientifica, con i «dati fotosegnaletici e dattiloscopici» e le impronte digitali «acquisite sulla scena del crimine». Una rete capillare di informazioni utile a sgominare in tempo cellule terroristiche pronte a colpire. Come anche a contrastare il business dell’immigrazione illegale dietro il “decreto flussi” denunciato da Meloni a inizio estate.
A proposito di migranti: con un altro emendamento il governo mette a disposizione di Polizia, Carabinieri e Guardia Costiera una flotta di barchini super-veloci. Lunghi sei metri, motore da 90 cavalli, sostituiranno e affiancheranno le moto d’acqua per presidiare le coste e intervenire in fretta «per l’identificazione, il soccorso o il salvamento in acqua». Attrezzati di una «prua alta» per affrontare condizioni meteo avverse e di «mare formato». Come quelle che hanno rallentato e complicato i soccorsi nella strage di Cutro, il 26 febbraio del 2023, al largo delle coste calabresi.