Saverio Stranges ha mantenuto un legame forte con Napoli e l'Università Federico II anche quando era in un altro continente. E bene ha fatto, poiché oltre a essere da otto anni professore alla Western University in Canada, dove è pure presidente del Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica e direttore del gruppo di ricerca The Africa Institute, dallo scorso anno è anche ordinario Scienze tecniche mediche e chirurgiche avanzate alla Federico II. Un pendolarismo professionale che ha scelto per contribuire alla crescita internazionale della sua Università d'origine, promuovere collaborazioni e sostenere giovani ricercatori federiciani, portando la sua esperienza globale all'ateneo.
Professore, come è iniziato il suo percorso formativo?
«Mi sono laureato in Medicina e specializzato in Medicina Preventiva alla Federico II, con il professor Edoardo Farinaro, un internista di fama che è stato per molti anni negli Stati Uniti, e ha avuto una grande influenza su di me, soprattutto per il suo interesse verso la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Dopo la specializzazione nel 2000, ho iniziato un dottorato di ricerca a Napoli, ma l'ho completato negli Stati Uniti. Lì, ho lavorato con un altro federiciano illustre e anche lui allievo di Farinaro, il professor Maurizio Trevisan, che all'epoca era capo del Dipartimento di Epidemiologia alla University of New York a Buffalo. Trevisan mi incoraggiò a completare il dottorato negli Stati Uniti, un'esperienza che ha segnato profondamente la mia carriera. E da lì, quell'esperienza americana che inizialmente doveva durare solo due anni, si è prolungata oltre le aspettative. Ho avuto l'opportunità di avviare la mia carriera accademica a Buffalo, diventando assistant professor nel 2005. Qualche anno dopo, ho deciso di rientrare in Europa e ho accettato una posizione all'Università di Warwick, in Inghilterra, dove sono rimasto per nove anni».
Qui ha iniziato a interessarsi a un campo totalmente nuovo, giusto?
«È vero, all'Università di Warwick, dove ho insegnato e ricoperto il ruolo di primario ospedaliero in prevenzione cardiovascolare e ho avuto l'opportunità di avvicinarmi alla Global Health, la salute globale, viaggiando spesso in Africa per studiare la prevenzione delle malattie croniche nei Paesi in via di sviluppo. Questa prospettiva più ampia mi ha spinto a esplorare il ruolo dei fattori sociali nella salute. Per questo, oltre a insegnare, ho accettato di collaborare al Master in Divulgazione Scientifica e Comunicazione nella Sanità Pubblica alla Federico II».
Dopo l'esperienza a Warwick è approdato in Canada?
«No, prima ho avuto l'opportunità di dirigere per due anni un istituto in Lussemburgo, simile al nostro Istituto Superiore di Sanità, dove mi sono occupato di politica sanitaria. Poi sono andato in Canada, dove vivo da otto anni. In questo periodo ho ricoperto il ruolo di professore ordinario e capo dipartimento all'Università di Western Ontario. Durante la pandemia, ho iniziato a valutare la possibilità di un rientro in Italia, anche solo a tempo parziale. Ho avuto molte proposte da blasonati atenei italiani ma il desiderio di poter dare un contributo alla mia università d'origine ha prevalso».
Cosa significa per lei tornare a insegnare alla Federico II?
«Per me è una grande soddisfazione. Da un punto di vista scientifico e sentimentale, non mi sono mai veramente allontanato: ho sempre mantenuto forti rapporti con la mia città e con la Federico II. Oggi faccio il pendolare tra due Paesi ma è un sacrificio che voglio fare, perché voglio contribuire alla crescita dei giovani ricercatori federiciani, come è successo con me in passato. Poter trasmettere la mia esperienza, creare reti di collaborazione internazionali, è un aspetto che ritengo fondamentale oggi».