Santo Romano ucciso a San Sebastiano al Vesuvio, 17enne confessa: ora è caccia ai complici

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C'è chi lo ha aiutato a fuggire, chi ne ha coperto la fuga, chi lo ha aiutato a disfarsi della pistola, chi invece lo ha ospitato durante la notte e chi, sui social, ha inneggiato alle pistole subito dopo i fatti. Il giorno dopo la confessione di LDM, 17enne del quartiere Barra accusato di aver ucciso il 19enne calciatore Santo Romano e di aver ferito al gomito il suo amico Salvatore S., le indagini condotte dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre del Greco si concentrano su eventuali profili di complicità, nelle oltre dodici ore in cui il minore ha fatto perdere le sue tracce.

L'arma

Si parte dall'arma, una pistola che il 17enne ha raccontato di aver comprato «dagli z...», dunque in un campo rom, un'affermazione resa dinanzi al pm della Procura per i Minorenni che lo stava interrogando. In quella sede, ha subito confessato il delitto, consumato esplodendo tre colpi di pistola ad altezza d'uomo dopo una lite, mentre era già seduto a bordo della Smart scura con targa tedesca che è stata ritrovata sotto casa sua nel quartiere Barra, ora sotto sequestro per alcuni accertamenti da parte degli investigatori.

Il 17enne, però, ha coperto chi era in sua compagnia in quella occasione, un dettaglio non da poco, perché potrebbe essere il complice dell'omicidio. «Non c'entra niente, ho fatto tutto da solo» ha sottolineato l'unico indagato finora. Ma sul suo accompagnatore si concentrano ora le indagini dei carabinieri che, in poche ore, erano riusciti a risalire con certezza all'identità del 17enne, riconosciuto anche da diverse testimonianze. Qualcuno in ospedale conosceva anche il nome di chi aveva sparato, segno evidente che il presunto assassino frequentava spesso quelle zone.

Il branco

Inoltre, c'è un dettaglio non da poco emerso dai racconti di diverse testimonianze: il 17enne non era arrivato da solo in piazza Raffaele Capasso a San Sebastiano al Vesuvio, ma era in compagnia di alcuni amici, forse 7-8 persone che lo accompagnavano , in gran parte suoi coetanei. Gli investigatori stanno cercando conferme dai filmati delle telecamere di videosorveglianza già acquisite subito dopo il delitto e analizzate ora frame dopo frame anche per arrivare ad identificare con certezza tutte le eventuali complicità.

La fuga 

Il passaggio successivo sarà quello di arrivare a chi ha coperto la fuga di LDM, assicurarelo innanzitutto a disfarsi dell'arma del delitto. Un amico, inoltre, lo ha ospitato in un appartamento, che è stato già perquisito dagli investigatori: in quella casa spesso il 17enne aveva trovato ospitalità. Lì i carabinieri hanno trovato anche quattro dosi di marijuana e un bilancino di precisione. Per spaccio di droga e resistenza, dopo una folle fuga in scooter, ancora 16enne l'indagato era stato arrestato dalla polizia lo scorso gennaio, poi condannato a un anno e mezzo e scarcerato da Nisida a fine maggio. In quell'occasione, in casa, fu trovata una pistola a salve modificata.

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Io sono sociale 

L'ultimo aspetto, che resta anche quello più inquietante, riguarda l'uso dei social network ei tanti post comparsi nelle ore immediatamente successivi all'efferato omicidio consumato per futili motivi a piazza Raffaele Capasso, nei pressi del municipio. La Procura per i Minorenni, infatti, ha già disposto accertamenti sui post pubblicati da alcuni minorenni, ora in corso di identificazione, nei quali si esalta l'utilizzo delle armi. Tra messaggi d'amore, cuoricini e richiami alla fratellanza, i post sono in gran parte stati pubblicati da minorenni, che saranno identificazioni. Successivamente, saranno valutate anche le posizioni e le responsabilità dei genitori, che comunque non hanno vigilato sull'utilizzo incontrollato dei social network da parte dei figli minorenni.

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