Lo hanno accudito, scortato, protetto e motivato. Ma, soprattutto, lo hanno avvertito. In che modo? Un messaggio audio, di quelli generati con la messaggistica istantanea: «Non tornare a casa, ci sono i carabinieri, ti stanno cercando...», dice qualcuno del suo retroterra familiare. Eccola la rete di custodi di Luigi, il 17enne responsabile dell’omicidio del 19enne Santo Romano, sabato notte a San Sebastiano al Vesuvio. Indagini in corso, ci sono sviluppi decisivi per ricostruire dinamica e responsabilità dell’omicidio di un ragazzo di appena 19 anni. Questa mattina, convalida del fermo dinanzi al gip del Tribunale per i minori, il 17enne deve rispondere dell’omicidio di Santo e del ferimento di un suo amico (colpito al gomito). Fatta l’autopsia, la salma di Santo sarà restituita alla famiglia per i funerali.
Le indagini procedono su un doppio binario: quello del pm per i minori Ettore La Ragione, che sta ricostruendo il ruolo di Luigi e dei suoi complici under 18; e quello della Procura di Nola guidata da Marco Del Gaudio. E su quest’ultimo versante, c’è una novità: verifiche condotte dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre del Greco, c’è un altro indagato. Si tratta del 18enne A.D.L., anche lui del quartiere Barra come Luigi, identificato come il giovane che era in auto in compagnia del 17enne Luigi, che ha confessato l’omicidio di Santo Romano. Dunque, anche se per il momento a piede libero, le accuse a carico del 18enne in questa fase preliminare sono quelle di concorso in omicidio e tentato omicidio, i reati già contestati al minore che ha fatto fuoco in piazza Raffaele Capasso a San Sebastiano al Vesuvio nella notte tra venerdì e sabato.
Tre i colpi di pistola esplosi. In linea teorica, il bilancio della rissa poteva essere ancora più grave. Ma restiamo alle indagini condotte dall’ufficio guidato dal procuratore Marco Del Gaudio. In sintesi, il 18enne è stato già ascoltato dagli investigatori e al momento vige il più stretto riserbo sulla versione dei fatti fornita. Ricostruzioni minuziose da parte dei carabinieri, A.D.L. era il ragazzo seduto nella Smart con targa tedesca accanto al 17enne al momento della sparatoria. A confermare la sua identità, ci sarebbe la comparazione tra le immagini delle telecamere dei sistemi di videosorveglianza che hanno ripreso la piazza dell’omicidio e la fuga dei due giovani, oltre ad alcune fotografie che compaiono sui profili social. E restiamo ai circuiti social. Alcuni post ritraggono i due amici in compagnia, anche con pose e frasi che esaltano l’uso delle armi e post decorati di cuori e frasi d’amore.
Relazioni choc
Sempre dai social, emergono dettagli inquietanti che ricollegano il gruppo di giovanissimi protagonista della sparatoria di San Sebastiano al Vesuvio ad alcuni fedelissimi di Francesco Pio Valda, anche lui del quartiere Barra, attualmente a processo per l’omicidio di Francesco Pio Maimone, il 18enne che sognava di diventare pizzaiolo, ucciso agli chalet di Chiaia a marzo 2023. Anche in quel caso, a scatenare la lite tra due gruppi, l’aggressione e poi gli spari fu un pestone che aveva sporcato una scarpa. Un filo sottile che collega due tristi vicende di giovani strappati alla vita e che si ricollega ancora una volta ad une delle periferie più difficili di Napoli.
La notte
Ma torniamo alla fuga di Luigi. Subito dopo il delitto, il 17enne si allontana a bordo della Smart con targa tedesca che appartiene alla sua famiglia. I catturatarghe consentono di ricostruire una parte della traiettoria del giovane assassino. Non è solo. E l’amico 18enne in auto non è il solo a scortarlo. Anzi. I supporter di Luigi si materializzano nel corso della nottata, in sella a scooter e in arrivo a bordo di altre auto. È molto probabile che il 17enne venga scortato fino alla zona dei baretti di Chiaia, dove incontra altre persone che dovranno prendersi cura di lui. Siamo nel pieno della movida cittadina del week end, la sagoma del 17enne passa inosservata. Beve qualcosa, si confida, in una narrazione in cui tutti sanno tutto.
Luigi ha ucciso. È un killer, ora va protetto, secondo una logica puramente criminale. Questa mattina, difeso dal penalista Luca Raviele, dovrà rispondere alle accuse che lo tengono in cella, alla luce di testimonianze e immagini di telecamere. Dovrà raccontare dove ha preso la pistola che ha ucciso Santo (ha detto di averla acquistata per 500 euro dagli zingari di Scampia), ma soprattutto sarà interrogato anche sui nomi di chi gli ha prestato soccorso fino al covo di corso Sirena dove è stato stanato. Poi gli chiederanno se ha ricevuto messaggi da casa, dalla famiglia o dai suoi stretti congiunti. Se qualcuno lo ha avvertito di non fare ritorno a casa, «perché la zona è piena di carabinieri».