Santo Romano ucciso a San Sebastiano al Vesuvio, prima l?assassinio poi lo spritz a Chiaia: la fuga del babykiller

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Dice di averla acquistata dagli zingari di Scampia. E svela anche il prezzo del “ferro” nascosto in auto: «La pistola? L’ho pagata 500 euro». Vero o falsa che sia questa storia dei rom, basta da sola a mettere a fuoco la personalità di Luigi, il 17enne indagato per l’omicidio del 19enne Santo Romano, sabato notte a San Sebastiano al Vesuvio.

Uno che ha ammazzato un ragazzo inerme, che non ha avuto esitazione a sparire dalla circolazione, per passare da una movida all’altra: dalla piazza principale di San Giuseppe Vesuviano alla zona dei baretti di Chiaia e degli chalet del lungomare, giusto «per finire la serata», magari a bere uno spritz. Notte di follia, a seguire il tracciato dei catturatarghe, tra una zuffa e un delitto, fino a mimetizzarsi nella festosa notte napoletana.

Poi, una volta stanato in un appartamento anonimo di corso Sirena a Barra, la confessione. Una sintesi di bugie e verità, ammissioni e ricerca di attenuanti, magari per evitare condanne esemplari e sfuggire al processo penale, puntando alla seminfermità.

La perizia 

Già, perché Luigi ha dalla parte sua una perizia psichiatrica disposta nel 2022 dal gip del Tribunale dei Minori su disturbi comportamentali che lo renderebbero ai limiti della imputabilità. Eppure, Luigi venerdì notte era alla guida di una Smart, pur non avendo la patente; ha avuto l’accortezza di ammettere il minimo indispensabile, secondo un canovaccio tipico dei criminali esperti. È stato lucido al punto tale da scagionare il complice («lui non c’entra niente», ha detto), tuttora ricercato. E ha poi raccontato una storia che, alla luce dei filmati e delle testimonianze raccolte, si regge a stento. Sentiamo le sue parole: sarebbe stato aggredito da un gruppo di sette o otto ragazzi, uno dei quali armato di coltello, e avrebbe fatto l’impossibile per lasciare piazza Capasso. «Mi sono difeso - ha detto - Stavo avendo la peggio, ho visto uno di quei ragazzi impugnare un coltello, ho puntato l’arma e ho fatto fuoco». Così è morto Santo Romano, il portierone di 19 anni di una squadra di Volla. Parole al vaglio dei pm.

La strategia

Difeso dal penalista napoletano Luca Raviele, Luigi dovrà affrontare ora la convalida del fermo, dinanzi al gip del Tribunale dei minori, a partire da un’accusa gravissima: quella di aver sparato a due ragazzi inermi - Santo Romano, colpito al petto, e il suo amico al gomito – che avevano provato a fare da pacieri in una lite sccoppiata per motivi futili, legati a un pestone sulla scarpa nella folla di piazza Capasso. Ma restiamo alla folle notte del babykiller. Che fine fa il 17enne dopo il delitto? Non torna a casa. Anzi. Si eclissa per tutta la notte e per l’intera parte della giornata successiva. Dove si nasconde? A ricostruire il tragitto della Smart familiare, Luigi ha lasciato San Sebastiano per andare a Napoli. Va a Chiaia, tra la zona dei baretti e gli chalet di Mergellina, dove probabilmente prova a mimetizzarsi nella movida cittadina. Forse incontra qualcuno a cui chiede protezione.

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Si mostra sereno, magari accetta un drink e mangia qualcosa, in attesa di ottenere la protezione di uno dei suoi conoscenti in un covo non lontano da casa. Intanto, gli inquirenti sono a lavoro anche su un altro retroscena: ci sono stati contatti telefonici tra Luigi e la sua famiglia? Qualcuno ha avvisato il 17enne di non tornare a casa? Verifiche in corso. Già, perché Luigi non è tornato a dormire nel suo letto, ma in un appartamento di Barra, al corso Sirena, una casa non lontana dall’abitazione dei genitori (dove ha avuto la possibilità di parcheggiare la Smart usata per scappare). Raggiunto dai microfoni del Tg1, il padre di Luigi spiega: «Sono addolorato, chiedo perdono. No, non ho sentito mio figlio la scorsa notte».

Ma torniamo al rifugio di Luigi. Il pm Ettore La Ragione insiste: chi ti ha dato le chiavi di quella casa? Che ci facevi in corso Sirena? Risposte evasive, scaltre. Già, perché Luigi non fa il nome del padrone di casa, tace sul suo custode, sul suo protettore. In casa, lì al corso Sirena, i carabinieri della Compagnia di Torre del Greco trovano delle buste di droga e un bilancino di precisione, in uno scenario che puzza di camorra. Tra armi facili, omertà, droga e mezze ammissioni: quelle da recitare quando finisci davanti a un giudice.

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