«Mamme unitevi alla mia battaglia». L’appello di Concetta Napoletano che ha perso suo figlio 19enne, Francesco Pio Maimone, poco più di anno fa, non riguarda solo le famiglie delle vittime innocenti della criminalità ma l’intera città. Dopo la morte di Kekko, stroncato da un colpo d’arma da fuoco mentre era vicino a uno chalet in via Caracciolo, Tina insieme al marito Antonio Maimone chiede a tutti i genitori di unirsi alla sua lotta per «fermare la strage di giovani nel territorio napoletano».
Tina come nasce il suo appello?
«Nelle ultime settimane sono stati uccisi altri due giovani e se le cose non cambiano, ne moriranno altri. Ho partecipato insieme ad Antonio al funerale del 15enne Emanuele Tufano, stroncato da un proiettile, e alla fiaccolata per Santo Romano che aveva la stessa età di mio figlio ed è stato ucciso con una dinamica molto simile. La nostra presenza è stata un modo per esprimere vicinanza e solidarietà a queste famiglie. Ho voluto abbracciare la madre di Santo. Lei mi ha chiesto come si fa a vivere senza un figlio e io non ho saputo darle una risposta, la cerco ogni giorno».
Perché ha invitato mamme e famiglie a partecipare alla sua battaglia?
«Il dolore che provo può capirlo solo un genitore che perde un figlio innocente e perbene, ucciso da un proiettile che non c’entrava nulla con la sua vita ma la battaglia per la legalità riguarda tutti. Per dire basta alla violenza e ai cattivi esempi, dobbiamo far sentire la voce di tutti i genitori. Non esistono quartieri o luoghi estranei alle morti dei giovani figli di Napoli che oggi piangiamo. Per questo, nella casa dei giovani a Pianura, intitolata a Francesco Pio Maimone, vogliamo organizzare corsi e piccoli diplomi per dare opportunità formative ai ragazzi e levarli dalla strada».
Lei si unisce al grido dei familiari di Santo per ottenere pene severe?
«Assolutamente sì. La vicenda giudiziaria di mio figlio non si è conclusa ma il suo assassino è in carcere e noi genitori pretendiamo il massimo della condanna. Vale lo stesso per chi ha ucciso Santo, anzi devo dire che la sua morte mi ha colpita profondamente per le similitudini con Kekko e perché i loro assassini si conoscevano, erano amici ed entrambi originari del quartiere Barra. Sui social ho visto i loro video e le loro ostentazioni di forza e violenza, non ci stiamo rendendo conto che queste piattaforme sono ormai un cimitero vivente. Per conquistare followers sono pronti a tutto».
Cosa si può fare per cambiare le cose?
«Per prima cosa lo Stato deve intervenire come è successo a Caivano. Adesso bisogna aiutare i quartieri più in difficoltà a cominciare da Barra. Il degrado è il terreno fecondo per la violenza e la criminalità e tutti dobbiamo dare il nostro contributo. Ci vogliono investimenti per la sicurezza, a cominciare da più controlli e presidi delle forze dell’ordine e bisogna creare spazi e servizi per i giovani. Le istituzioni devono fare presto, qui si tratta di un’emergenza. Non vogliamo altre vittime innocenti».
Il suo invito?
«Scendiamo in strada. Facciamo sentire la nostra voce e la nostra forza. La Napoli sana è quella della maggior parte delle persone che la abitano. Sabato, 9 novembre, io e Antonio saremo in piazza Cavour per la manifestazione “Liberiamo Napoli dalle violenze” organizzata dalla rete per la Sicurezza. Mi aspetto di incontrare tante mamme, genitori e cittadini uniti per lottare e difendere la parte sana di Napoli. Il secondo invito è alla presidente Meloni, lei è una madre, chiediamo il suo aiuto».