Scampia, Rosario Esposito La Rossa: «Prima c?era solo droga ora più sport e cultura»

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«Qui c’è il più grande laboratorio di sperimentazione sociale d’Italia. Un risultato raggiunto grazie al lavoro di rete di associazioni e società civile, a cui la strada è stata spianata dal lavoro delle forze dell’ordine sul territorio. Oggi, rispetto a vent’anni fa, il volto di Scampia è totalmente cambiato».

Rosario Esposito La Rossa, scrittore, editore e imprenditore di 36 anni traccia un bilancio più che positivo della “rivoluzione” che ha investito Scampia nel corso di due decenni. Era la fine di ottobre del 2004, quando iniziò la sanguinosa faida che fece oltre settanta morti, di cui quattro vittime innocenti. Tra questi c’era Antonio Landieri, disabile di 25 anni che fu ammazzato per errore il 6 novembre di quell’anno, mentre si trovava fuori a un circolo nella zona dei Sette Palazzi. Da quel tragico avvenimento è partito il sogno e l’impegno di Rosario e di sua moglie Maddalena Stornaiuolo per dare vita a un’altra Scampia.

Che cosa ricorda di quel 6 novembre di venti anni fa?

«Mio cugino Antonio fu la prima vittima innocente della guerra tra il clan Di Lauro e gli scissionisti. Fu scambiato, insieme ad altri cinque amici, per un gruppo di spacciatori del rione in cui viveva. I suoi compagni furono tutti feriti alle gambe, mentre lui a causa della sua difficoltà motoria fu l’unico a non poter scappare e per questo fu raggiunto dai killer con due colpi di pistola alla schiena. In seguito a quell’evento luttuoso decisi di fare tutt’altro rispetto a ciò che avevo immaginato fino ad allora. Avevo 15 anni, giocavo a calcio e frequentavo il liceo. Ma la mia vita cambiò radicalmente da quel giorno».

In che modo?

«Il mio percorso iniziò subito dopo la tragica scomparsa di Antonio e nel novembre 2006, due anni dopo la sua morte, realizzammo un murale sul muro di cinta dell’attuale stadio “Antonio Landieri”, che fino a quel momento era in uno stato di abbandono, mentre oggi vi giocano 600 ragazzi. Capii che dovevo fare qualcosa per riscattare l’immagine di un giovane incensurato di 25 anni ed estraneo ad ambienti criminali, che all’inizio veniva definito uno spacciatore. Poi nel 2007 pubblicai, a 17 anni, il mio primo libro, “Al di là della neve, storie di Scampia” con Marotta & Cafiero, scritto per ridare dignità e memoria ad Antonio».

Quella stessa casa editrice lei e sua moglie siete riusciti a portarla da Posillipo a Scampia, da veri pionieri dell’editoria nell’area nord.

«Sì, perché ci regalarono la Marotta & Cafiero quando io e Maddalena avevamo appena 19 anni. Abbiamo iniziato a pubblicare i grandi nomi della letteratura mondiale, da Pennac a Stephen King, a Lorenzo Marone e tanti altri e oggi possiamo dire di aver vinto. Da coppia di giovanissimi sognatori poi ci siamo sposati, abbiamo una figlia di 7 anni e mezzo e soprattutto una redazione dove lavorano 14 persone tra cui diversamente abili ed extracomunitari. In più Maddalena aveva il sogno di diventare attrice e ha creato una scuola di recitazione con 108 allievi. Ecco, questa è la vera vittoria».

Com’è cambiata Scampia in questi 20 anni?

«Prima era un quartiere militarizzato, con 21 piazze di spaccio e tanti spazi vuoti. Oggi ci sono 144 associazioni che abbracciano diversi settori, dallo sport al sociale; come l’Arci Scampia, la palestra di Maddaloni, la realtà di Chi rom e chi no solo per citarne alcune. Insomma vent’anni fa c’era un grande vuoto. Ma va ricordato che rappresentanti delle forze dell’ordine come Michele Spina e Cristiano Tatarelli hanno fatto un lavoro straordinario, perché hanno dato alla società civile “soffocata” dai clan la possibilità di liberare gli spazi. Da lì è partita la vera rivoluzione».

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E oggi?

«Oggi Scampia è il più grande laboratorio di sperimentazione sociale che abbiamo nel nostro Paese, con quattro scuole calcio. Una vera e propria città di 80mila abitanti dove si è liberato un potenziale immenso grazie a 144 associazioni che fanno la differenza, in quanto sono “anticorpi” sociali. Bisogna prima sognare il cambiamento e poi metterlo in atto».

In quest’ottica è nata anche La Scugnizzeria: cos’è?

«Uno spazio di 400 metri quadrati con bar, pizzeria, biblioteca, teatro dove proviamo a costruire il futuro dei ragazzi. Siamo una srl ossia una impresa sociale in cui l’utile viene investito sul territorio. Oggi stampiamo 15mila libri in sette mesi laddove prima l’oro bianco era la cocaina».

Progetti futuri per far crescere ancora di più questo territorio?

«Entro fine anno Maddalena aprirà un’altra sala teatrale con una scuola di musica e ci saranno progetti con il Rione Sanità e don Antonio Loffredo. Inoltre apriremo una sede della casa editrice all’estero, nei Balcani e il 23 novembre inaugureremo con la nipote di Totò una tipografia, che si chiamerà La Banda degli onesti in memoria di Antonio Landieri».

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