I soldi delle mazzette pagate all’ex dg di Sogei Paolino Iorio dall’imprenditore della digitalizzazione Massimo Rossi - entrambi arrestati lunedì per corruzione - provenivano dalla Thailandia e passavano per Napoli prima di arrivare a Roma. È questa la misteriosa triangolazione su cui ora stanno indagando i finanzieri del nucleo Pef della Capitale. Il sospetto è che a monte ci sia un’ipotesi di riciclaggio trasnazionale, in cui abbiano un ruolo attivo le banche clandestine cinesi. «La circostanza che il denaro fosse contenuto in buste sottovuoto e sigillate - si legge nell’ordinanza con cui Rossi e Iorio sono finiti in carcere - è significativa di un metodo organizzato e non artigianale e improvvisato, che lascia pensare a un contesto illecito più ampio che coinvolge più persone». L’inchiesta quindi si allarga a monte, per quanto riguarda «i terzi che da Napoli» fanno arrivare le forniture di contanti, e a valle, su altri soggetti che potrebbero aver ricevuto insieme al manager pubblico le tangenti.
È lo stesso Rossi che, durante l’udienza di convalida dell’arresto, ha spiegato al gip che «le somme di denaro offerte in pagamento a Iorio (per delle sue presunte consulenze nel settore informatico, ndr) provenivano dai guadagni dell’attività di ristorazione del suo amico intimo e testimone di nozze Raffaele Di Maio (non indagato, ndr), attività esercitata in Thailandia, paese conosciuto da Rossi» perché la sua ex moglie è thailandese. L’amico inviava il denaro già confezionato fino alla sede napoletana della società dell’imprenditore, «affinché custodisse in modo sicuro i guadagni». Da qui l’altro amico fraterno di Rossi, Sandro Sestili, si occupava di portargli i contanti a Roma, percependo in cambio dai 300 ai 1.000 euro. L’imprenditore, però, ha specificato di non sapere come il denaro giungesse a Napoli dalla Thailandia. Fatto sta che Sestili, definito dal gip «il corriere», viene intercettato il primo febbraio scorso mentre parla di bonifici con un uomo con accento napoletano. Alla fine della conversazione gli riferisce di aver saputo «dal nostro amico di un maxi sequestro di 2,5 miliardi di euro in contanti» a carico di alcuni cinesi, per poi chiedergli: «Te non c’entri niente, spero...». E lui risponde: «No, ma che si pazz’? Chi li conosce sti cinesi...». Il successivo 7 maggio, Rossi parlando con Sestili si mostra soddisfatto che a Napoli abbiano «70K», verosimilmente 70mila euro. «Cioè ci stanno a Napoli 70K? Me coj...!». Due mesi dopo, Sestili comunica alla moglie che sta per «ritirare dei soldi da Amleto», pertanto «potrei dirgli di venire a Pozzuoli domenica mattina, tanto in albergo c’è la cassaforte». Un altro indizio su presunti complici è dato dal fatto che Rossi, quando fa riferimento ai «pacchi» in arrivo da Napoli, parla sempre al plurale: «Mi hanno scritto loro: "passiamo venerdì mattina”». E Iorio ironizza: «Festa venerdì! Se brinda tutto il giorno!». Il manager, ai pm, ha detto che i pacchi «puzzano di terra», come se fossero stati occultati nel sottosuolo.
L’AFFARE DA 10 MILIONI
Gli inquirenti stanno lavorando anche su un’altra ipotesi emersa dalle intercettazioni. Ossia che Iorio - - che aveva il potere di firmare contratti Consip fino a 10 milioni di euro - abbia voluto favorire le società di Rossi (che già hanno numerosi contatti di forniture di software e hardware, tramite Sogei, a pubbliche amministrazioni), per un’infrastruttura Sap - «da realizzarsi verosimilmente per Sogei» - «per la cui fornitura - spiega il gip - il dirigente intende favorire l’imprenditore: «In qualche modo te la faccio gestire, dai». Rossi viene intercettato mentre parla con una dipendente della multinazionale Sap spa di una riunione e accenna a un «deal (affare, ndr) da 100 milioni». Iorio, oltre a essere il dg della Società Generale d'Informatica, controllata dal ministero dell’Economia, fino a venerdì - quando gli è stato revocato l’incarico - faceva parte del cda di Polo Strategico Nazionale, la società partecipata da Tim, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti e Sogei che ha come mission la realizzazione di un'infrastruttura cloud indipendente, per garantire la sicurezza nella gestione di dati e applicazioni della pubblica amministrazione italiana.
I DEPISTAGGI
Iorio da venerdì è finito in carcere. Dopo il suo arresto di lunedì, infatti, mentre si trovava ai domiciliari, «è verosimile che vi sia stato un accesso in casa» sua di «persone diverse dai familiari conviventi e dai difensori, potenzialmente in grado di interferire nelle delicate indagini in corso», spiega il gip. «Del tutto singolare appare la circostanza che le immagini delle videosorveglianza interna dell’appartamento di quel giorno sarebbero state cancellate per errore dal figlio». Infatti, su segnalazione dell’ex dg di Sogei, giovedì sono stati trovati dai finanzieri su un armadio circa 100mila euro in contanti, che nella precedente perquisizione non erano stati rinvenuti, nonostante l’utilizzo di un cane addestrato proprio a fiutare banconote. Per questo motivo il giudice esclude la svista degli investigatori: «Più plausibile il sospetto che quel denaro sia stato portato in casa dello Iorio successivamente alla perquisizione del 14 ottobre 2024, per sostenere la tesi dei due indagati in ordine alla circostanza che il denaro consegnato da Rossi a Iorio non era stato ulteriormente consegnato ad altre persone». In sostanza, per “coprire” altri possibili destinatari di quelle mazzette. La foga con cui l’ex dg di Sogei tempestava di messaggi l’imprenditore romano prima di presentarsi almeno due volte al mese sotto casa sua (in zona Conca d’Oro) o al “ponticello” sull’Aurelia (oltre il grande raccordo anulare), per ritirare il cosiddetto “pacco”, potrebbe essere un indizio del fatto che lui fosse un collettore delle tangenti. A un certo punto Rossi lo chiama esausto: «Sto andando ora, però con calma. È inutile che... 47 telefonate, perché sennò diventa complicato, eh!». E a proposito di depistaggi, Iorio usava il soprannome Arturo e un vecchio modello Nokia su cui non si può installare il trojan.