Statali, parte dello stipendio bloccata in automatico se il dipendente è in debito con il Fisco di almeno 5mila euro

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La scure anti-evasione cala anche sui dipendenti pubblici. Quelli che hanno cartelle in sospeso con il Fisco per un ammontare di almeno 5 mila euro, si vedranno bloccato in automatico il pagamento di una parte dello stipendio. A prevederlo, a sorpresa, è una norma inserita nella manovra. A trovarsi in questa situazione è un gran numero di statali. Secondo la relazione tecnica che accompagna la legge di Bilancio, sono ben 250 mila i dipendenti pubblici che hanno un debito non saldato con l’Agenzia delle Entrate superiore ai 50 mila euro. Ma non tutti saranno chiamati a pagare. La norma mette alcuni paletti. Il principale è che il blocco di una parte dello stipendio riguarderà soltanto chi ha una retribuzione superiore a 2.500 euro mensili. Di quante persone si tratta? Sempre secondo la relazione tecnica sono 30 mila gli statali che si trovano in questa situazione e che, secondo i dati disponibili, guadagnano in media 3.500 euro al mese. Per lo ro potrebbe scattare il pignoramento massimo di un settimo dello stipendio, vale a dire 500 euro mensili fino al saldo completo del debito fiscale. Poi però ci sono tutti coloro che, pur guadagnando in media 1.500 euro al mese, con la tredicesima superano il tetto dei 2.500 euro di stipendio. Si tratta di ben 150 mila dipendenti, per i quali il limite del pignoramento è di un decimo dello stipendio (150 euro mensili in media). Secondo le stime, tuttavia, solo due dipendenti su dieci non aderiranno “spontaneamente”, vale a dire rispondendo alle lettere di compliance inviate dall’Agenzia delle Entrate o alle rateizzazioni proposte. Dunque, alla fine, la tagliola potrebbe scattare “solo” per 36 mila dipendenti pubblici.La misura, comunque, partirà solo dal 2026, sia per dare il tempo al Fisco di adeguare le sue piattaforme ma, probabilmente, anche per dare tempo ai dipendenti che hanno le pendenze di mettersi in regola.

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LE CONFERME

Sul fronte degli statali ci sono molte altre novità. A partire dalla conferma degli stanziamenti per i rinnovi contrattuali del triennio 2025-2027. Come già anticipato nei giorni scorsi, il governo ha messo sul tavolo 5,5 miliardi a regime in un triennio, che si tradurranno in un nuovo aumento mensile medio degli stipendi di circa 153 euro (un aumento del 5,4 per cento). Ma l’altra novità, è che nel testo della legge di Bilancio sono già stanziate anche le risorse per gli aumenti anche del periodo successivo, quello che va dal 2028 fino al 2030. Le risorse stanziate ammontano a 1,9 miliardi nel 2028, che salgono a 4 miliardi nel 2029 per arrivare, a regime, a 6,1 miliardi a partire dal 2030. Si tratta, anche in questo caso, di un aumento medio degli stipendi del 2 per cento in linea con l’aumento dell’inflazione stimato nei documenti contabili del governo. Bisognerà capire ora, come questi nuovi stanziamenti incideranno sulle trattative per il rinnovo contrattuale del 2022-2024, il cui tavolo è convocato per martedì prossimo. La Cgil ha già dichiarato che non firmerà il contratto, e la Uil potrebbe seguirla a ruota. La Cisl potrebbe invece dare un segnale positivo, mentre più di un sindacato autonomo, dalla Confsal-Unsa alla Flp, sembra sempre più orientato alla firma.

Nella manovra, poi, ha trovato conferma un’altra norma molto discussa, il nuovo taglio del turnover per i dipendenti pubblici. Il prossimo anno la spesa per assunzioni dovrà essere limitata al 75 per cento di quella sostenuta per il personale andato in quiescenza.Questa norma avrà alcune esenzioni. Non coinvolgerà i Comuni che hanno meno di 20 dipendenti, il settore della Sanità (che invece dal 2026 avrà dei nuovi ingressi straordinari), la magistratura e l’avvocatura dello Stato. Si applicherà invece, a tutte le altre amministrazioni, comprese le authority indipendenti come la Consob o l’Antitrust. L’altra novità, è che la riduzione che gli organici subiranno nel 2025 diventerà definitiva, non potrà più essere recuperata nemmeno in futuro. Infine, sempre per i dipendenti pubblici arriva il trattenimento in servizio fino a 70 anni su base volontaria. Questa misura avrà però un limite, potrà riguardare soltanto il 10 per cento del personale pubblico, privilegiando quello necessario a trasferire competenze essenziali ai nuovi assunti.

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