Trump, nei primi 100 giorni piano anti-immigrati e nuove trivellazioni. Nell?agenda anche dazi dal 10 al 20% per tutti i prodotti dall?estero

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Quello di Donald Trump alla Casa Bianca sarà un ritorno e un nuovo inizio che passa da due promesse: sigillare il confine con il Messico e aumentare l’estrazione di petrolio. E ieri nella prima intervista dopo la vittoria che ha rilasciato a Nbc News ha puntato tutto sull’importanza delle politiche lungo il confine. «Renderò i confini forti e potenti», ha detto Trump. Il nuovo presidente prevede di ristabilire i suoi provvedimenti del 2017, quelli che aveva approvato nei quattro anni alla Casa Bianca e che sono stati eliminati da Joe Biden con il quale, ha detto Trump, pranzerà «molto presto».

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LOTTA ALLA MIGRAZIONE

Nei primi tre mesi Trump ha promesso che inizierà le deportazioni di massa. «Non abbiamo scelta, le faremo a qualsiasi costo», ha detto. «Non è una questione di prezzo. Non abbiamo scelta. Le persone hanno ucciso, i signori della droga che hanno distrutto paesi, ora torneranno in quei paesi perché non rimarranno qui. Non c'è un prezzo», ha aggiunto. In realtà i costi sono il principale problema: si calcola che si debbano investire miliardi di dollari per riuscire a individuare, spostare e riportare nei propri paesi di origine gli oltre 11 milioni di immigrati presenti negli Stati Uniti senza documenti. E poi c’è un forte rischio economico, visto che questi immigrati producono ricchezza e spendono. Toglierli potrebbe portare a una scossa all’economia, a un aumento dell’inflazione e dei licenziamenti anche di cittadini americani. «Oltre a rendere i confini sicuri vogliamo anche che le persone entrino nel nostro paese. Come sapete non sono uno che dice, “no non potete entrare”. Noi vogliamo che le persone entrino», ha detto. Inoltre, scrive Npr, ci sono già decine di associazioni per la difesa dei diritti dei migranti che si stanno preparando a contestare le politiche di Trump e a portarle in tribunale. Infatti l’amministrazione repubblicana prevede di modificare le regole sull’accesso all’asilo politico, rischiando di bloccare il processo per migliaia di persone che hanno fatto richiesta. Infine, l’altra grande proposta - e qui Trump troverebbe degli ostacoli nel 14esimo emendamento alla Costituzione americana - è quella di non dare la cittadinanza ai bambini nati negli Usa da genitori entrati senza documenti.

TRIVELLAZIONI E DAZI

C’è poi la questione delle estrazioni di petrolio. Come ha fatto sapere Jason Miller, uno dei consiglieri più vicini al presidente, Trump, attraverso una serie di ordini esecutivi, farà ripartire le esplorazioni per aumentare la produzione di greggio che in questo momento è ai massimi storici negli Stati Uniti. Il mantra ripetuto per mesi da Trump e dai suoi è stato «drill, baby, drill», facendo riferimento alla voglia del capo del partito repubblicano di tornare a estrarre senza sosta e in questo modo finanziare la produzione e la fame di energia degli Stati Uniti, instaurando una nuova «età dell’oro». L’altra grande promessa elettorale sono i nuovi dazi su tutte le importazioni, del 10-20% per le merci provenienti da tutti i paesi del mondo e del 60%-100% sui prodotti cinesi. In questo caso, gli economisti vedono due limiti: da una parte il rischio di una nuova guerra delle tariffe con la Cina, dall’altra il rischio di lasciare la produzione americana senza materie prime, visto che le importazioni dalla Cina sono state di circa 750 miliardi di dollari nel 2022 e che in questo momento le industrie degli Stati Uniti dipendono da materie prime e prodotti semilavorati cinesi. Questa chiusura potrebbe inoltre spingere la Cina a bloccare, come aveva fatto nel 2018, le importazioni di prodotti agricoli, grazie alle quali migliaia di agricoltori del Midwest sopravvivono.

Nel pacchetto economico si prevede anche il taglio delle tasse, che Trump ha presentato come «il più grande taglio nella storia». In questo caso gli ordini esecutivi non valgono, visto che il presidente deve passare dal Congresso. E qui diventa molto utile avere il Senato e la Camera a guida repubblicana: il primo è stato già conquistato da Trump, il secondo nonostante i repubblicani siano in vantaggio è ancora da assegnare. Per il nuovo presidente avere Capitol Hill allineata con la sua agenda renderebbe l’approvazione dei provvedimenti fiscali molto più veloce. Tra le idee ci sono la riduzione delle tasse alle grandi aziende e l’estensione di migliaia di miliardi di dollari di altri tagli, anche se il debito del paese crescerà. Bisogna ricordare che i provvedimenti per favorire le aziende approvati da Trump nel 2017 scadranno nel 2025 e il Congresso dovrà agire in fretta per mantenerli in atto.

LA SQUADRA

Ma con chi inizierà a lavorare? Da mesi, dietro le quinte, una squadra di fedelissimi stava preparando la transizione. Nella squadra ci sono facce famose, della prima sua presidenza, in particolare Robert Lighthizer, che ricopriva il ruolo di Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (ed era un falco sul tema dei dazi) Brian Hook, già rappresentante speciale per l’Iran (che per Trump aveva guidato la campagna di «massima pressione» contro Teheran), e John Ratcliffe, che da direttore dell’Intelligence Nazionale fu criticato per aver politicizzato l’intelligence. Trump porterà all’interno del governo due star, che però potrebbero essere difficili da gestire, visto che entrambi hanno personalità forti: da una parte Elon Musk che dovrebbe prendere un posto centrale nella nuova amministrazione. Il Ceo di Tesla controllerà le spese del governo e proporrà un programma per diminuire gli sprechi. Dall’altra RFK Jr., ex avvocato ambientalista, oggi anti-vaccinista e scettico nei confronti della scienza, che potrebbe lavorare per trasformare la sanità pubblica, creando di timori tra le decine e scienziati pluripremiati che lavorano per il governo. Poi ci sono i ministeri più importanti: come segretario di Stato continua a girare il nome di Richard Grenell, ex ambasciatore americano in Germania, fedelissimo di Trump, che lavorerebbe subito sulla guerra in Ucraina. Alla Difesa invece emergono i nomi del senatore della Florida Marco Rubio e dell’ex segretario di Stato Pompeo: tutti allineati con l’agenda Maga e scettici nei confronti del finanziamento della guerra a Kiev. Un posto sarà assicurato anche a Susie Wiles: la capa della campagna martellante potrebbe dirigere lo staff della Comunicazione.

E mentre Trump e la sua squadra si preparano al nuovo mandato, Biden e i suoi hanno meno di tre mesi per arginare le politiche di Trump e mantenere l’impronta democratica. Biden sta cercando di blindare alcuni provvedimenti e rendere molto difficile la vita a Trump. Il più importante è il provvedimento per evitare il licenziamento di massa dei dipendenti statali minacciato dal nuovo presidente: i dem vogliono mantenere un provvedimento di Biden che prevede di non licenziare il personale per ragioni ideologiche e di assumerlo solo sulla base dei meriti accademici. Trump nel 2017 nella sua battaglia contro il «deep state» aveva introdotto una nuova classe di impiegati pubblici che potevano avere una chiamata politica. Sempre in tema di protezione dell’agenda liberal, Biden sta cercando di rendere più difficile la vita a Trump anche sulla possibilità di scardinare i provvedimenti per incentivare la transizione verde delle aziende che lo speaker della Camera e fedelissimo di Trump, Mike Johnson, ha detto che cambierà nel 2025.

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