Accuse del Consiglio d'Europa: «Agenti italiani razzisti». Mattarella e Meloni: «Meritano rispetto»

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ROMA - BRUXELLES Una bufera continentale. È quella al centro della quale sono finite ieri le Forze dell’ordine italiane (con tanto di levata di scudi di governo e Quirinale) ritenute responsabili di casi di razzismo e trascinate sul banco degli imputati insieme a una politica nazionale tacciata di prestare il fianco ai discorsi d’odio.

A scandire il j’accuse è l’ultimo rapporto sull’Italia realizzato dall’Ecri, organismo indipendente anti-discriminazione del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale che ha sede a Strasburgo ma nessun legame con l’Unione europea: si occupa principalmente di diritti umani e ha 46 Stati membri (comprese, ad esempio, Turchia, Svizzera e Ucraina).

IL REPORT

Nel report si legge che «ci sono numerose testimonianze» provenienti dalla società civile e dagli organismi internazionali di settore quanto alle «profilazioni razziali da parte delle Forze dell’ordine, che prendono di mira soprattutto gli appartenenti alla comunità rom e le persone di origine africana» nelle attività di controllo, sorveglianza e indagine; le autorità, tuttavia «non sembrano essere consapevoli della portata del problema» che rappresenterebbe una forma di «potenziale razzismo istituzionale», ragion per cui l’Ecri raccomanda uno studio sul fenomeno, che riguarda ad esempio i casi di controlli e fermi basati sull’origine etnica. Quanto basta per scatenare la reazione rabbiosa di molti esponenti delle istituzioni nostrane.

In primis da parte della presidente del Consiglio che affida ai suoi canali social una risposta piuttosto netta: «Le nostre Forze dell'Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie». Parole dure a cui nel corso della giornata si sono accodati i leader del centrodestra e vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto e buona parte degli esponenti politici della maggioranza.

A scendere in campo è stato però soprattutto il presidente della Repubblica che ha palesato il suo «stupore» per il report del Consiglio d’Europa in una telefonata al Capo della Polizia Vittorio Pisani, a cui ha ribadito anche «stima e vicinanza».

Una telefonata che caso ha voluto cadesse proprio nel giorno in cui dieci poliziotti sono stati indagati dalla procura di Pisa per le cariche al corteo studentesco pro Palestina dello scorso 23 febbraio, scontri che provocarono accese polemiche politiche e a cui seguì la “celebre” telefonata in cui il capo dello Stato aveva sottolineato come «con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento».

LE CRITICHE

Le critiche mosse dall’organo del Consiglio d’Europa non si limitano alle sole forze di sicurezza e di polizia, ma tirano in ballo pure la qualità del dibattito pubblico, che negli ultimi anni è diventato «sempre più xenofobo», mentre i discorsi degli esponenti politici «anche di alto livello» (la bibliografia riporta articoli sui leghisti Matteo Salvini e Roberto Vannacci) «hanno assunto toni fortemente divisivi e antagonistici, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, e cittadini italiani con origine migratoria, rom e Lgbti».

Questa atmosfera, prosegue l’Ecri - il cui rapporto cade all’indomani dello scontro tra politica e toghe dopo la sentenza sui centri di detenzione in Albania -, «crea seri ostacoli all’effettiva integrazione dei migranti» e «mina l’indipendenza della magistratura quando si occupa di casi di migrazione».

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