Aggressioni a Napoli in piazza Carolina: «Una colletta per comprare la pistola»

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Hanno fatto una colletta, di quelle che un tempo servivano a riempire un serbatoio di benzina o a organizzare una cena tra amici. Hanno messo venti o trenta euro a testa, un modo rapido «per apparare cento euro» e hanno investito il gruzzoletto nel modo peggiore: hanno acquistato una pistola replica, una scacciacani, che fa il botto ma che non fa male. Soldi per un giocattolo che non ha nulla di divertente, nulla di giocoso, ma che crea emulazione, esaltazione e conseguenze imprevedibili. Eccoli i ragazzini terribili di piazza Carolina, incrocio naturale tra le due Napoli, quella dei vicoli di Pizzofalcone e dei turisti di piazza del Plebiscito.

Dieci giorni fa ci ha pensato la polizia a fermare e indagare tre ragazzini ritenuti responsabili del possesso di una pistola modificata. Era una pistola replica (quindi dimostrativa) ma senza tappetto rosso, rigorosamente nascosta in un’aiuola della zona. A cosa serviva? Non ci sono tracce di rapine nella vita dei tre minori denunciati all’autorità giudiziaria, nei loro confronti scatterà un deferimento al Prefetto, con il possibile intervento degli assistenti sociali. Ma perché comprare una pistola per metterla sotto una panchina o in un’aiuola. Difesi dal penalista napoletano Giuseppe De Gregorio, i tre minorenni non rispondono, si limitano ad un’alzata di spalle. Il resto è stato ricostruito dal Mattino, che ha provato ad intrecciare un dialogo con due dei quattro ragazzini di piazza Carolina.

Il racconto

La risposta sull’arma? Fuori verbale, eccola: «Serve a fare scena: niente rapine, niente colpi ad effetto. Anzi. Ce l’hanno tutti, basta metterla alla cintola dei pantaloni, alzare la maglia di tanto in tanto e mostrarla. Farla vedere». Esibirla, magari nel pieno della movida, perché una pistola nera che sbuca dai pantaloni, vale di più di un cellulare o di uno scooter di ultima generazione. Una ricostruzione che punta a scrollarsi di dosso indagini legate a rapine consumate negli ultimi tempi - in alcuni casi non denunciate - proprio ai danni di ragazzini in giro per le vie del centro.

Anche in questo caso, chi ha agito contro i propri coetanei ha usato l’effetto a sorpresa. Gli è bastato alzare la maglia, esibire l’arma, per incassare il risultato, rimediando di volta in volta il cellulare della vittima e una manciata di spiccioli. Soldi che vengono subito immessi sul mercato. Servono a comprare le bollette, il gratta e vinci, magari cocaina, e - all’accorrenza - servono ad acquistare quelle armi posticce che vengono modificare e che sembrano pronte ad uccidere.

Le testimonianze

Lo hanno raccontato sabato nove novembre i volontari di Assogioca, che fa capo a Gianfranco Wurtzburger, nel corso della manifestazione organizzata dopo il terzo ragazzino ucciso a Napoli nel giro di pochi giorni. Anzi, hanno fatto di più. Hanno mostrato una pistola replica acquistata sul web, comprata a titolo dimostrativo. Un centinaio di euro - spiegano - poi via il tappetto rosso, fino ad ottenere un esemplare di arma che mette paura solo a guardarlo. Sta diventando una moda, se si pensa anche alla perizia con cui c’è chi sta diventando bravo a trasformare “giocattoli” in armi da guerra.

Se ne sono accorti gli uomini della Squadra Mobile sotto la guida del primo dirigente Giovanni Leuci, che hanno arrestato alcuni giorni fa - tra Poggioreale e Sant’Anastasia - due artigiani di morte: avevano attrezzato un laboratorio per creare armi e trasformare “repliche” in pistole vere. Un business figlio dei tempi, che serve a spiegare anche cosa potrebbe essere accaduto in piazzetta Sedil Capuano, quando tra amici storici spunta una pistola e si inizia a giocare con quella cosa tra le mani. È vera o falsa? Neanche il tempo di porre la domanda, che un proiettile raggiunge la fronte di Arcangelo, ucciso a 18 anni in circostanze strane.

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