Albania, ecco la scorciatoia per la Corte di giustizia Ue

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Il governo orientato a chiedere la procedura d'urgenza. Una fonte al Giornale: "Potrebbe dar ragione all'Italia"

Albania, ecco la scorciatoia per la Corte di giustizia Ue

È possibile chiedere alla Corte di giustizia europea una «procedura pregiudiziale d'urgenza» sulla genuina interpretazione della sua sentenza del 4 ottobre scorso che divide l'esecutivo e una parte della magistratura sulle procedure accelerate di espulsione che sta vanificando il protocollo Italia-Albania. È un'autorevole fonte giuridica a suggerire questa exit strategy, prevista dall'articolo 151 e seguenti, al governo italiano, nella convinzione che il verdetto dovrebbe dare ragione al nostro esecutivo in materia di «Paese sicuro» in tempi ragionevolmente brevissimi, diciamo poche settimane. Il verdetto ridarebbe ossigeno all'intesa Roma-Tirana e soprattutto manderebbe un segnale preciso a tutti i governi europei impegnati a fronteggiare la lotta ai trafficanti di uomini in attesa di questo verdetto.

Tutto ruota intorno all'articolo 37 della direttiva 32/2013, peraltro già superata dal regolamento Ue numero 1.348 (che entra direttamente in vigore, senza che lo Stato si adegui) adottato il 14 maggio 2024 e pubblicato il 12 giugno. A restare esclusa dall'applicazione del regolamento è appunto la dichiarazione di «Paese sicuro», perché è rimasto in vigore il passaggio che chiede allo Stato di definirlo. La normativa Ue sulla definizione di «Paese sicuro» entrerà in vigore solo il 12 giugno 2026. Il governo ha già annunciato di aver fatto ricorso rispetto all'interpretazione più giusta per capire se ricomprende, oltre che l'oggettivo criterio «territoriale», anche quello soggettivo di appartenenza ad una categoria di persone perseguitate da quel Paese «sicuro», come correttamente chiesto dal tribunale di Bologna che così ha messo una pezza alla decisione del tribunale di Roma firmata dalla presidente di Md Silvia Albano, giuridicamente errata perché sostiene cose che la sentenza non ha affatto detto.

Come ha stabilito di recente la sesta sezione della Cassazione la lista viene aggiornata «sulla base di pertinenti informazioni». Se il giudice vuole contestare queste informazioni dovrebbe presentare un'istruttoria «con notizie affidabili, provenienti da fonti qualificate, per accertare, al momento della decisione, la sussistenza di ragioni oggettive o soggettive» contrarie al rimpatrio. Non generiche, o in fotocopia.

La materia è compresa in quelle considerate «più sensibili» rispetto a questioni come libertà, sicurezza e giustizia (come visti, asilo, immigrazione e libera circolazione). La causa verrebbe assegnata ad una Grand chamber, una sezione appositamente designata composta di cinque giudici, e si svolgerebbe in tempi estremamente ridotti - anche con pochi soggetti ammessi a presentare osservazioni - con una fase istruttoria preliminare per via elettronica, con interventi scritti, e una fase orale dibattimentale obbligatoria. La tendenza della Corte di giustizia è molto attenta a verificare la reale sussistenza del presupposto dell'urgenza nel procedimento pregiudiziale, quindi non è detto che l'escamotage funzioni.

L'esecutivo quest'anno ha già chiesto la expedited procedure. È successo a marzo dopo la sentenza svuota Cpr del giudice di Catania Iolanda Apostolico del 2 ottobre 2023 che contestava la norma sui trattenimenti del «decreto Cutro» e la caparra da 5mila euro chiesti al singolo migrante per evitare di essere recluso. Il Questore di Ragusa aveva disposto il trattenimento a Pozzallo di due tunisini senza soldi e senza documenti, per la Apostolico «la garanzia finanziaria non sarebbe alternativa al trattenimento ma un presupposto negativo imposto a chi richiedeva la protezione internazionale», soprattutto perché la misura fissa «non si adattava alle condizioni personali del richiedente», come già escluso dalla giurisprudenza europea in una sentenza sull'Ungheria.

Il Viminale aveva incaricato l'Avvocatura dello Stato di sconfessare le ordinanze, la Cassazione a sezioni civili unite si era rivolta alla Corte di giustizia europea per chiedere un pronunciamento urgente, ricevendo un diniego perché non si trattava di una violazione manifeste dei diritti assoluti e delle libertà individuali delle persone in cerca di protezione internazionale, tanto che il verdetto non è ancora arrivato. Ma ritentar non nuoce.

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