Tutti - nel campo progressista - e soprattutto nel Pd aspettano l’esito delle regionali in Umbria per esprimersi sull’Anci e sui due candidati a Presidente: il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e quello di Torino Stefano Lo Russo. Una questione di forma più che di sostanza perché al di là di chi vincerà in Umbria il tema è tutto interno al Pd che esprime il candidato governatore con Michele De Pascale e una eventuale non vittoria aprirebbe alle critiche interne verso la segretaria Elly Schlein.
L’ex rettore - invece - a prescindere dalle urne umbre avanza nella corsa a quella ambitissima poltrona rispetto al suo collega torinese. Che giocherà in casa questa partita visto che l’Assemblea dei Comuni italiani si terrà nel capoluogo piemontese. E per fortuna di Manfredi il “fattore campo” qui conta fino a un certo punto, perché a comandare il gioco è la politica. Dire che devono scegliere i sindaci il loro Presidente è un esercizio dialettico e basta, atteso che le fasce tricolori sono espressione della politica e in Anci la maggioranza dei primi cittadini è targata Pd o centrosinistra.
Marco Sarracino parlamentare del Pd al riguardo non si nasconde: «Io sono schieratissimo con Manfredi così come tutto il sud». Sarracino è molto vicino alla segretaria Schlein. Quella del deputato napoletano non è una posizione isolata perché dal Nazareno riconoscono che «un pezzo di sindaci del nord che fanno capo al partito sta marciando in un’altra direzione ma nessuno mette in discussione il risultato finale». Manfredi vola basso e dal suo entourage filtra tranquillità come chi ha messo a disposizione la sua candidatura quale profilo istituzionale e rappresentante della terza città d’Italia e capitale del sud in un’epoca in cui il centrosinistra fa la sua battaglia contro l’Autonomia differenziata.
Il profilo Manfredi non è una scelta casuale perché riesce a parlare e a dare garanzie anche con chi sta dall’altra parte, cioè il centrodestra. Una qualità che gli hanno già riconosciuto nello stesso Pd - tra gli altri - l’eurodeputato Matteo Ricci e il parlamentare Roberto Morassut. Al netto di tutto ciò Manfredi è un pragmatico e se dichiara di essere in campo lo fa perché sa che le chance di vincere sono concrete. Ieri - non a caso - il suo telefono era bollente. Si è sentito con suoi colleghi e rinsaldato le alleanze con le grandi città - tranne Torino e Milano - e c’è stato un contatto a livello politico anche con il Nazareno.
Fatto sta che i tempi sono stretti: a 6 giorni dall’apertura dell’Assemblea - il nuovo presidente verrà eletto il 20 - dal centrodestra dove la preferenza per Manfredi rispetto a Lo Russo è chiara iniziano a essere impazienti. In Anci, oltre a quella di Presidente, devono essere assegnate molte caselle di grande pregio e i partiti del Governo Meloni vogliono garanzie che i patti vengano rispettati cioè di avere la loro giusta rappresentanza. «Il Pd rivendica la presidenza dell’Anci. Però si lacera al suo interno. E vuole fare le primarie privatizzate nel suo partito per regolare in forma privatistica i propri conti.
Nel frattempo De Luca introduce norme abusive per un suo impossibile terzo mandato, ma penalizza la eleggibilità dei sindaci in Campania. Insomma dal Pd soltanto segnali di arroganza e di confusione. Per non dire delle parole fuori luogo di qualche sindaco che attacca il governo con affermazioni non veritiere». Lo scrivono in una nota congiunta i responsabili enti locali dei partiti del centrodestra Pierluigi Biondi (Fratelli d’Italia), Stefano Locatelli (Lega), Maurizio Gasparri (Forza Italia), Giuseppe Bicchielli (Noi Moderati) e Antonio De Poli (Unione di Centro). Insomma il fantasma del governatore campano Vincenzo De Luca e del Pd regionale mette in difficoltà anche la corsa di Manfredi. La nota del centrodestra si conclude così: «Non è il clima migliore - prosegue la nota - per avvicinarsi all’Assemblea dell’Anci. Che deve essere la casa di tutti. Se non ci sono intese, invece che fare primarie di setta o di corrente, potrebbe essere l’Assemblea dei sindaci a scegliere autonomamente il proprio Presidente oppure chiediamo al Pd di azzerare tutto e condividere, nelle prossime 24 ore, un nome terzo che possa mettere tutti d’accordo». Insomma se non c’è chiarezza su Manfredi si rimescoleranno tutte le carte.