Elena Cecchettin mostra un whatsapp di Giulia: «Tranqui, sono sempre qui per te»

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«Tranqui, sono sempre qui per te», un messaggio Whatsapp con l'emoticon del cuore, accompagnato da una foto delle sorelle da piccole. È l'omaggio comparso stamani in una «storia» di Instagram da parte di Elena Cecchettin, a un anno dall'uccisione della sorella Giulia. Un anno fa - la notte tra sabato 10 e domenica 11 novembre 2023 - moriva Giulia Cecchettin, uccisa da 75 fendenti inferti dall'ex fidanzato, Filippo Turetta. 

Giulia Cecchettin, uccisa un anno fa: la scomparsa, il femminicidio e la fuga di Turetta (che attende la sentenza). La tappe del caso

Il papà Gino: ho ascoltato parole di Turetta senza odio

«Sono riuscito ad ascoltare le parole di Filippo - Turetta ndr . - senza provare odio, rabbia.

E questo l'ho fatto per un anno. Mi sono reso conto di quanto sia importate questo esercizio per creare valore. Però mi sono anche reso conto che attorno a me si respirava un qualcosa di negativo. È umano, è comprensibile». Così Gino Cecchettin è intervenuto ieri sera a «Che tempo che fa» su La Nove, parlando dell'anno di tempo trascorso dall'uccisione della figlia, Giulia. «Tutti questi sentimenti - ha aggiunto - vengono poi immessi nel proprio ecosistema. Ma in quest'ultimo anno ho imparato a concentrarmi sul positivo». E per pensare in positivo, «come sempre faccio - ha spiegato Cecchettin - prendo una foto di Giulia e me la guardo, e così non c'è nulla di negativo che appare nella mia vita, perché mi concentro sul bello». In quest'anno, ha osservato Cecchettin «a me è sembrato di vedere come se vivessimo in un'atmosfera dove noi singoli siamo degli individui che possono produrre ossigeno o anidride carbonica: l'ossigeno è un sentimento positivo, l'anidride carbonica è un qualcosa di negativo perché poi lo portiamo a casa, lo portiamo nelle relazioni con i nostri cari». Invece «quando recepiamo da ciò che ci accade qualsiasi elemento negativo, sta a noi decidere come reagire: se reagiamo positivamente portiamo a casa ai nostri figli, ai nostri cari un sentimento di amore, creando valore nel sistema. Viceversa, se ci facessimo sopraffare dal sentimento negativo, agiremmo in senso contrario». «Io - ha concluso il papà di Giulia - non sono riuscito a odiare. Non so come ho fatto, però. penso che il segreto stia concentrandosi sui nostri cari che ci danno amore, che ci danno bellezza».

Gino Cecchettin a Che Tempo Che fa: «Sono riuscito a non odiare Turetta, quando parla non provo più rabbia»

Un anno senza Giulia Cecchettin

Un anno 'senza Giulia'. Ma anche un anno 'con Giulia', perchè l'onda di emozione suscitata dal caso è stata tale che, da quei giorni di novembre, non c'è stato un istante della vita nazionale che non abbia incrociato il ricordo della ragazza di Vigonovo. Non solo la ferocia dell'omicidio - Turetta è ora in attesa del giudizio davanti la Corte d'Assise di Venezia -- Anche lo sviluppo cronologico ne ha fatto un caso unico nella storia della cronaca nera. I due giovani erano spariti assieme sabato sera 10 novembre, dopo essersi incontrati per un giro in un centro commerciale di Marghera. All'inizio si pensò al sequestro da parte dell'ex fidanzato; ma mano a mano che arrivavano i primi riscontri - la scoperta delle tracce di sangue nella zona industriale di Fossò, il vicino di casa che aveva sentito Giulia gridare 'aiuto' - si fece strada la paura di un finale tragico. Turetta era già in fuga dalle prime ore di domenica 11 con la sua Fiat Punto nera, e si era disfatto subito del corpo della ragazza, trovato il 18 novembre in un bosco vicino al lago di Barcis, in Friuli; uno dei luoghi - si scoprirà - segnati da Filippo nelle carte del piano omicida. La mattina successiva il rinvenimento del cadavere, il 19 novembre, Turetta fu arrestato in Germania, vicino Lipsia, fermo ai bordi di un'autostrada, la macchina con i fari spenti e senza benzina. Nel frattempo i Carabinieri, coordinati dal pm Andrea Petroni, avevano messo in fila una serie di elementi indiziari che (più avanti) avrebbero portato ad inchiodare il 22enne di Torreglia. Uno su tutti: il kit per l'omicidio; una lista di oggetti - scotch telato, coltelli, sacchi neri di nylon, badili - che Filippo 4 giorni prima del delitto aveva annotato nel cellulare, e che fu ritrovato in memoria dagli esperti informatici. Filippo rimase in cella in Germania una decina di giorni, e in tempi record estradato in Italia il 25 novembre, per finire nel carcere di Verona.

Il processo lampo

Altri sussulti la cronaca li ha riservati ogni qualvolta usciva una indiscrezione sulla vita di Turetta in carcere: come le parole intercettate del padre, nel primo incontro: «fatti forza, non sei l'unico', ' ci sono altri 200 femminicidi, poi avrai i permessi...». L'uomo poi si scusò. Il processo lampo in Corte d'assise si è aperto il 23 settembre in Assise a Venezia. Turetta si è presentato ai giudici una sola volta: il 25 ottobre, con Gino Cecchettin che lo squadrava dai banchi delle parti civili. «Ho pensato di rapirla, e anche di toglierle la vita», «Giulia scappava, urlava e l'ho colpita ancora» le frasi di Turetta che fecero scendere il gelo in aula. «Abbiamo capito chi è Filippo Turetta» commentò quel giorno Cecchettin. I riflettori sono adesso sul 3 dicembre, quando è attesa la sentenza. Filippo è reo confesso. Tutto ruota attorno alla premeditazione: se i giudici crederanno all'impianto della Procura, potrebbe essere ergastolo. La tragica fine di Giulia non ha fermato i femminicidi: erano già stati 105 quelli registrati da inizio 2023 a novembre; a fine dell'anno arrivarono a 120. A portare avanti l'eredità di Giulia è però papà Gino. Dapprima con il libro 'Cara Giulia', quindi con la Fondazione creata nel suo nome (www.fondazionegiulia.org), il cui sito web è stato rilasciato in questi giorni. Una istituzione, si legge, che opera «per promuovere la parità, operando per una società equa e inclusiva».

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