«Era un bravo ragazzo». Il dolore della famiglia di Emanuele Tufano, il 15enne napoletano ferito a morte da un colpo d’arma da fuoco, è racchiuso nel silenzio dei suoi genitori e dei parenti più stretti. Un silenzio interrotto, per il momento, solo dalle parole della sorella di Emanuele. «Emanuele era un bravo ragazzo lo descrivono così tutte le persone che lo conoscevano nel quartiere e anche la sua ex professoressa - ha detto riferendosi alla docente che ha postato messaggi sui social- ora vogliamo che sia rispettato il nostro momento di dolore».
A custodire la riservatezza della sofferenza della mamma Maria Grazia e del padre del 15enne sono i tanti amici e conoscenti del quartiere che, in questi giorni, hanno sostenuto la famiglia di Emanuele semplicemente con la loro presenza sotto l’abitazione del ragazzo e anche all’obitorio del Policlinico Federiciano dove si trova la salma in attesa degli esami autoptici.
Il quartiere
B&b glamour e vecchi negozi di rigattieri senza insegna. La Sanità è questo mix. E vive in silenzio il suo dolore, in queste ore. C’è un fiocco nero appeso al cancello d’ingresso dell’istituto superiore Della Porta – Porzio – Colosimo di Santa Maria Antesaecula, a pochi passi dalla casa di Totò. Emanuele ha sempre frequentato in questo luogo, ma la scuola ha cambiato nome e dirigenza dall’anno scorso (la preside è Alessandra Guida). I suoi compagni stanno preparando manifesti e cartelloni per il giorno dei funerali: «E tu hai 15 anni per sempre – hanno scritto – sembra tutto un brutto sogno, non ci capacitiamo. Hai lasciato un vuoto in tutti noi. Ci mancherai».
«Siamo sgomenti – dice Michela Porcelli, prof. d’inglese di Emanuele – Eravamo tutti felici di vederlo, ogni mattina, proprio perché il suo progetto di vita non era ancora maturo, ma era presente. Non siamo d’accordo con il fallimento della scuola. La docente del post non è di questa scuola e non era attualmente insegnante di Emanuele. L’anno scorso era stato bocciato per le troppe assenze, ma ora stava frequentando. La scuola non era tra i suoi primi interessi, ma veniva. E abbiamo incontrato la famiglia, che lo seguiva: quando abbiamo avuto necessità di vederli sono venuti in 5 minuti. Non ce l'aspettavamo: non era diverso da tanti studenti di questa zona. Non era sopra le righe rispetto agli altri e non era violento. Mi permetta di dirle, da residente e insegnante della Sanità, qui ai bambini non viene risparmiato nulla: i dispiaceri, le malattie, le detenzioni, le difficoltà lavorative. C’è l’idea che il bambino sia un piccolo adulto». All’uscita incrociamo un amico di Emanuele. Vestito a lutto: «Ci conoscevamo fin da bambini – dice – gli piacevano i motorini. Uscivamo insieme, non mi sarei immaginato una cosa del genere e non capisco com’è successo. Col tempo lui cominciò a uscire con un’altra comitiva: piazza Mercato, piazza Dante, i Quartieri, Carlo III».
La rete delle mamme
L’omicidio di Emanuele Tufano ha nuovamente riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il tema dell’emergenza giovanile a Napoli e di quanto, negli episodi di violenza efferata, siano sempre più coinvolti i minori, sia come vittime che carnefici. Lo stesso drammatico incremento riguarda i minori armati ed è per questo che associazioni e comitati, nati dall’iniziativa dei cittadini, si recheranno, martedì prossimo, alla riunione per l’ordine e la sicurezza in Prefettura. «Faremo delle richieste precise, è necessaria una mappatura delle zone a rischio e il corrispondente incremento dei presidi di forze dell’ordine e di controlli» ha detto Nelide Milano portavoce della Rete per la sicurezza dei Minori e degli adolescenti che, oltre a sottolineare l’importanza di «progetti e luoghi in modo da offrire ai giovani alternative alla strada» ha raccontato la «paura dei ragazzi che dopo l’ennesimo omicidio devono vivere con il terrore di uscire».