Esplosione a Ercolano, accusa dei pm: «Tre operai ammazzati per venti euro al giorno»

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Venti o venticinque euro al giorno. Tanto era la paga promessa a quei tre ragazzi impegnati nella fabbrica abusiva di fuochi di artificio, teatro dell’esplosione di lunedì pomeriggio. Almeno otto ore di lavoro, per una manciata di spiccioli: a maneggiare esplosivo micidiale, senza alcuna tutela, senza alcuna protezione. Un dramma annunciato, alla luce di quanto sta emergendo nel corso delle indagini dei carabinieri per conto della Procura di Napoli.

Poche ore dopo la morte delle gemelle Sara e Aurora Esposito (avevano 26 anni) e del 18enne di origini albanesi Samuel Tafciu, il quadro investigativo si fa più nitido. Finisce sotto inchiesta il proprietario di fatto dell’immobile, verifiche in corso anche nei confronti della sua convivente, mentre si scopre che l’edificio che ospitava la fabbrica abusiva di fuochi di artificio era intestata a una bambima di soli 13 anni. Inchiesta condotta dal pm Stella Castaldo, sotto il coordinamento degli aggiunti Simona Di Monte e Pierpaolo Filippelli, si indaga per esplosivo, per morte come conseguenza di altri reati, disastro e omicidi plurimi.

La vedova

Al centro del fascicolo, le dichiarazioni rese ai carabinieri dai parenti delle vittime. A partire dalla vedova del 18enne Samuel: «Mio marito è morto per una manciata di spiccioli. Era in Italia da 10 anni, ha sempre cercato un lavoro onesto, aveva accettato di lavorare in nero perché abbiamo avuto la gioia di una figlia, ne avevamo bisogno. Lo hanno mandato a morire in quella fabbrica senza protezioni».

A leggere l’informativa dei carabinieri, spicca anche l’affondo di Lucia Occhibelli, madre delle due gemelle, che posta su TikTok questa frase «mi avete spezzato il cuore, voi due principesse, il mio dolorre è immenso e indescrivibile». Ma torniamo all’inchiesta. Sotto accusa finisce Pasquale Punzo, il proprietario di fatto dell’immobile. Difeso dal penalista Nico Scarpone, ai carabinieri non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Verifiche in corso, si scopre che quell’immobile di Contrada Patacca era registrato come abitazione e non come insediamento industriale; non era stata presentata alcuna dichiarazione di inizio lavori, anche se il Comune di Ercolano aveva mandato i vigili a fare un’ispezione, dopo aver rilevato una sorta di sbancamento anomalo.

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Lo raccontiamo nell’intervista in pagina del sindaco di Ercolano Buonajuto, che ha ricordato un dato su tutti: lo scorso gennaio, i vigili urbani provarono a fare un’ispezione all’interno di quell’insediamento, ma fu tutto inutile. Nessuno aprì la porta, «tanto che fummo costretti a chiedere alla Procura di Napoli un decreto di ispezione che non è mai arrivato». Ma in queste ore, gli inquirenti hanno ricostruito lo scenario in cui è maturata l’esplosione, con la morte di tre giovani lavoratori.

I cobra

Tutto ha inizio con una probabile maxicommessa di fuochi di artificio. Da San Giovanni, la richiesta di avere centinaia di cobra, i micidiali razzi che vengono utilizzati da teppisti ultrà, da anarchici e che rappresentano il pezzo forte da vendere sulle bancarelle prima di Capodanno. Sono una delle voci in attivo dell’economia sommersa, quasi sempre controllata dalla malavita organizzata. Fatto sta che la scorsa settimana, arriva in Contrada Patacca la richiesta di incentivare la produzione di Cobra.

Non c’è personale, si decide di fare ricorso a quei tre giovani. Come avviene spesso anche in altri contesti borderline, all’interno della fabbrica abusiva si presenta un “pirotecnico”, vale a dire un operaio specializzato che sa come maneggiare quella pasta esplosiva. Stando a quanto emerso fino a questo momento, ci sarebbe stata una sorta di corso di formazione accelerato per incentivare la produzione dei missili di Capodanno: appena qualche esempio, un paio di ore da parte del “pirotecnico”, per affidare la catena di montaggio a un ragazzino di 18 anni, desideroso solo di poter vantare un lavoro onesto con cui sostenere la propria famiglia. Un esperimento che non ha funzionato, alla luce di quanto accaduto lunedì pomeriggio. Possibile che l'esplosione sia stata innescata dal surriscaldamento del telefono cellulare.

La pasta - la mistura - è stata devastante. Il corpo del ragazzo è stato sbalzato per una decina di metri, mentre le fiamme hanno divorato il suo corpo e quello delle due gemelle. Una vicenda drammatica, che fa i conti anche con un altro retroscena, accaduto appena una decina di giorni fa dall’altra parte dell’area metropolitana. Siamo all’inizio di novembre, quando un incidente simile è accaduto in un altro opificio. È avvenuto a Quarto. Anche in questo caso, ci sarebbe stata imperizia a maneggiare la mistura da posizionare al centro dei cobra. Non si esclude però che in questo periodo stia circolando polvere pirica di scarsa qualità e ovviamente a basso costo. Uno scenario che fa i conti con le esigenze di un mercato interamente controllato dalla camorra, a proposito delle bancarelle di fuochi illegali che scandiscono il territorio metropolitano nell’ultimo giorno dell’anno.

Un business che impone verifiche sui contatti della coppia che gestiva di fatto l’edificio di contrada Patacca, per altro finita al centro di un contezioso alcuni anni fa. C’era stata un’occupazione abusiva, poi i proprietari erano riusciti a tornare in possesso del proprio bene, che è stato intestato a una piccola di famiglia (come rilevato ieri da Cronache della Campania): un bene trasformato in opificio abusivo, arsenale illegale, cimitero per tre giovani vite.

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