Giustizia, alta tensione governo-toghe. L'intervento di Mattarella: «Serve collaborazione»

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Da una parte i magistrati, che denunciano i «toni di aggressione senza precedenti» del governo e dicono di temere azioni disciplinari da parte del Guardasigilli Carlo Nordio. Dall’altra l’esecutivo e la maggioranza che lo sostiene. Che accusa le toghe di invasione di campo e chiede di accendere un faro sulla condotta di alcuni rappresentanti del potere giudiziario. In mezzo, Sergio Mattarella. Che da Bari, ospite del Festival delle Regioni, invita tutti a svelenire il clima: «Tra le istituzioni – ammonisce il capo dello Stato – la collaborazione, la ricerca di punti comuni, la condivisione delle scelte sono essenziali per il loro buon funzionamento e per il servizio da rendere alla comunità».

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IL MESSAGGIO

Difficile però che il messaggio del Colle (che invita anche gli attori istituzionali a non «limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, approfondendo solchi e contrapposizioni», ma piuttosto a «esercitare capacità di mediazione e di sintesi») riesca tanto presto nell’intento di far abbassare i toni. Perché all’indomani della mancata convalida sui trasferimenti dei migranti in Albania, a gettare nuova benzina sul fuoco contribuisce la mail di un esponente di Magistratura democratica, la corrente di centrosinistra delle toghe. Che due giorni fa, mentre lo scontro già imperversa, scrive ai colleghi chiedendo loro di essere «compatti» contro un «attacco alla giurisdizione» che «non è mai stato così forte, neppure ai tempi di Berlusconi». E definisce l’azione della premier «molto più pericolosa» di quella del Cav, «perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e non si muove per interessi personali, ma per visioni politiche». E «questo – chiosa il magistrato – la rende molto più forte».

A inviare la mail, rivelata da Il Tempo, è Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione. E le sue parole scatenano il putiferio. Tanto più che in un passaggio il pm esorta gli altri iscritti di Md a superare l’«isolamento» delle toghe e dice: a questa situazione «dobbiamo assolutamente porre rimedio». Espressione sufficientemente ambigua da far scattare l’idea di una trama. Fratelli d’Italia annuncia un’interrogazione a Nordio, lo stesso fa Forza Italia. Con Maurizio Gasparri che parla di lettera «eversiva», chiede una «immediata ispezione» di via Arenula sul comportamento di Paternello e infine chiama in causa Mattarella, in quanto presidente del Csm, «per sapere se si può tollerare una condotta di questo tipo».

LE POSIZIONI

Ai meloniani inquieta soprattutto il punto in cui la premier viene definita «pericolosa» perché «non ha inchieste a suo carico». Frasi che è la stessa leader di FdI a rilanciare sui suoi social, e che indignano lo stato maggiore di via della Scrofa. «Sconcertanti», per Tommaso Foti, «se si pensa che così si esprime chi dovrebbe applicare solo la legge». Per il capogruppo di FdI alla Camera, insomma, la mail non può che «destare fondata preoccupazione sulla dovuta terzietà» dei giudici. «Scioccante», la definisce il suo omologo al Senato Lucio Malan, che legge nel messaggio una «chiamata alle armi» delle toghe contro Meloni: «Un vero e proprio appello ai magistrati a essere compatti. A quale scopo?», si domanda. Duro anche Giovanni Donzelli: «Meloni è un problema per le toghe rosse perché non è ricattabile». Mentre per il capogruppo meloniano in commissione Giustizia, Gianni Berrino, la mail «conferma che non c’è tempo da perdere: bisogna andare avanti sulla riforma della giustizia e la separazione delle carriere».

Non ci sta il capo dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Che bolla come «maliziose» le interpretazioni della missiva del collega. La quale, sostiene il numero uno del sindacato delle toghe, «poneva in evidenza la necessità di porre rimedio alle sole divisioni interne per difendere le prerogative della magistratura». Indulgere in altre letture, avverte Santalucia, «non contribuisce al rasserenamento del clima».

Clima che infatti resta di bufera. Al centro della quale finisce anche Silvia Albano, la giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma autrice della sentenza sui Cpr in Albania. Nonché presidente di Magistratura democratica. Per la maggioranza, Albano avrebbe dovuto astenersi, perché aveva già criticato il governo e il protocollo con Tirana. E l’aveva fatto, è emerso nelle ultime ore, sia con diversi post sui social ritenuti dal centrodestra «pro migranti», sia con alcuni interventi pubblici all’indomani della firma dell’accordo. Come un articolo sul sito di Md, in cui venivano evidenziate le presunte falle dell’intesa con l’Albania e il comportamento che i giudici avrebbero dovuto tenere, qualora – come poi è accaduto – fossero chiamati a valutarlo.

L’AFFONDO

Intanto sul caso dei richiedenti asilo prima trasferiti e poi riportati in Italia interviene la Cei. «I migranti sono fratelli e sorelle con la loro dignità – ammonisce il vicepresidente dei vescovi, monsignor Francesco Savino – non pacchi da sbattere da una parte all'altra». E torna a sferzare Meloni pure Elly Schlein. «Anche oggi la premier ci regala la sua dose di vittimismo quotidiano», affonda la segretaria dem rispetto alla possibilità di una trama dei magistrati di sinistra contro il governo. Per la leader del Nazareno si tratta di «vittimismo a oltranza e disastri quotidiani. Sono due anni che governa, la smetta di cercare un nemico al giorno e dia risposte agli italiani se ne è capace».

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