Sul tema il governo Meloni sta provando a percorrere una strada diversa da quella dei suoi predecessori, scrivere cioè un nuovo patto sociale tra cittadini e fisco: saniamo in modo reciprocamente conveniente il pregresso che zavorra famiglie e imprese, ma d'ora in avanti nessuno sconto o comprensione
Da oggi sui canali social e sulle televisioni gira uno spot fatto realizzare dal ministero delle Finanze contro l'evasione fiscale. Si apre con un tizio modello-sbruffone che al ristorante ordina aragoste e champagne e dice ai vicini di tavolo: «Tanto paghi tu». E si chiude con due finanzieri che gli suonano al campanello di casa: «Beccato, l'evasione fiscale si paga. Da oggi ancora più controlli e sempre meno evasori». L'intento è nobile e assolutamente condivisibile, l'evasione fiscale è, non certo da oggi, un cancro che limita la crescita del Paese, oltre che un reato grave e per di più odioso. Sul tema il governo Meloni sta provando a percorrere una strada diversa da quella dei suoi predecessori, scrivere cioè un nuovo patto sociale tra cittadini e fisco: saniamo in modo reciprocamente conveniente il pregresso che zavorra famiglie e imprese, ma
d'ora in avanti nessuno sconto o comprensione. Ci sta quindi un messaggio duro e minaccioso, ma quello proposto nello spot più che far paura fa ridere, tanto è paradossale e macchiettistica la situazione proposta. L'Italia «aragosta e champagne» ricorda tanto l'Italia «pane, pizza e mandolino» con cui ci ridicolizzano i tedeschi e diventata famosa nel mondo anche nella sua variante «Italia pizza e mafia». Il personaggio, poi, è surreale, sembra uscito da uno dei cinepanettoni di Vanzina, da una gag del Milanese imbruttito, insomma ispira più simpatia che sdegno. Ci saranno pure degli italiani che non pagano le tasse per poter tranquillamente pasteggiare con «aragoste e champagne», ma non sarà uno spot a far rinsavire i cretini che, essendo tali, né capiscono, né si mettono paura. Nel mondo reale la maggior parte di chi evade lo fa per motivi diversi dai lussi culinari. Nell'ordine:
in momenti di crisi preferisce pagare prima dipendenti e fornitori; in momenti difficili dà la precedenza al mantenimento dignitoso di moglie e figli; in momenti di quiete trova comunque esorbitante e ingiusto devolvere allo Stato ben oltre la metà dei frutti del suo lavoro.
Per carità, nulla di drammatico, ma credo che si sarebbe potuto fare di meglio, soprattutto non mettere tutti gli evasori ed elusori in un'unica cesta, quella delle mele davvero marce perché allora sì che si rischia l'effetto contagio.