Il lupo perde il pelo "ma non lo zero virgola", si potrebbe dire, leggendo molti giudizi espressi dopo il rilascio delle previsioni macroeconomiche autunnali della Commissione Europea. In effetti, stupisce l'ostinazione con cui molti commentatori italiani abbiano centrato le loro analisi su un dato di ormai nessun significato pratico dopo le recenti revisioni Istat dei dati di contabilità nazionale. E cioè che la Commissione europea ha rivisto al ribasso allo 0,7% la previsione sulla crescita del PIL italiano nel 2024 rispetto a quanto essa aveva previsto in primavera. Per la verità, si tratta di un qualcosa di assolutamente non nuovo sotto il sole. Lo sapevamo già, era una cifra ampiamente metabolizzata nelle scorse settimane.
Ma i pessimisti cronici hanno riproposto il loro mantra secondo cui, "forti" di tale dato, l'Italia sarebbe tornata ad una crescita dello "zero virgola". I commentatori più orientati politicamente hanno anche enfatizzato il messaggio che questo 0,7% farebbe saltare tutti i piani fiscali del Governo, che nel DEF aveva ipotizzato una crescita del PIL dell'1% per quest'anno.
In realtà, molto del rallentamento del PIL italiano nel 2024 dipende dalle revisioni al rialzo della crescita in volume dei periodi precedenti operate dall'Istat, mentre il contemporaneo aumento del livello del PIL nominale per 97 miliardi complessivi nel triennio 2021-2023 (cifra di non poco conto!) rispetto alle stime precedenti permette all'Italia di avere oggi nuovi indicatori di finanza pubblica talmente positivi che tutti avrebbero firmato carte false pur di averli anche solo qualche settimana fa. Infatti, si tratta di numeri migliori di quelli contenuti nello stesso DEF. Dunque, dov'è il problema?
I dati veri
Nessuno ha invece colto alcuni importanti dati di fondo delle nuove previsioni europee. E cioè che l'economia italiana nei prossimi due anni (2025 e 2026) crescerà sopra lo "zero virgola", precisamente dell'1% il primo anno e dell'1,2% il secondo. L'aumento del PIL cumulato italiano nel biennio sarà quindi del 2,2% circa, uguale a quello di Francia e Giappone e superiore a quello della Germania (+2%). Dunque, nessun ritorno ad un'Italia "fanalino di coda" (altro termine molto amato da declinisti e pessimisti cronici).
Ma c'è un aspetto ancor più importante da sottolineare. E cioè che secondo i dati della Commissione europea l'Italia è riuscita a crescere durante e dopo il Covid più di molte altre economie simili pur senza avere una espansione demografica, anzi, con un calo della popolazione che costituisce un caso unico tra i maggiori Paesi dell'Eurozona e del G7 e che è destinato a perdurare. Ma, ciononostante, l'Italia riuscirà a crescere abbastanza bene anche nel prossimo biennio.
E un dato di fatto, purtroppo, che nel 2025 la nostra popolazione diminuirà dello 0,2%% e nel 2026 dello 0,3%. Le tre altre maggiori economie dell'Eurozona (Germania, Francia e Spagna) e le tre altre maggiori economie non UE del G7 (USA, Giappone e Regno Unito) continueranno invece ad avere un costante aumento della popolazione che contribuirà di per sé stesso in misura non trascurabile alla crescita delle loro economie. La popolazione della Spagna, ad esempio, aumenterà dell'1% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026; quelle degli Stati Uniti e del Regno Unito, rispettivamente, dello 0,8% e dello 0,7% in entrambi gli anni.
Naturalmente, non è un fattore positivo un declino demografico, specie nella prospettiva di lungo termine. Ma, da un'altra angolatura, riuscire a far crescere il PIL pur in presenza di un forte calo della popolazione è come vincere una partita di calcio in nove o un match di pugilato con una mano legata dietro la schiena. E il "miracolo" dell'Italia sta proprio in questo.
La nostra crescita del PIL pro-capite batte tutti. Infatti, escludendo la spinta della popolazione dalla crescita economica, il PIL per abitante dell'Italia non solo è stato secondo per aumento soltanto a quello degli Stati Uniti nel 2020-2024 (rispettivamente +6,6% e +9,9% rispetto al 2019, con la Francia ferma a +1,7% e la Germania addirittura in calo del -1,5%), ma sarà perfino leggermente superiore a quello americano nel 2025-2026 (+2,9% contro +2,8%), oltre che a quello di tutti gli altri Paesi. In termini di crescita media annua, l'Italia (con un +1,3%) sarà addirittura l'unica, assieme agli Stati Uniti (con un +1,8%), che realizzerà un aumento del proprio PIL pro capite superiore all'1% nell'intero periodo 2019-2026. Saranno invece tutti gli altri Paesi considerati a far registrare una crescita da "zero virgola" (quella tanto citata dai commentatori italiani): Spagna e Giappone (+0,8% medio annuo), Francia (+0,5%), Regno Unito (+0,2%), Germania (addirittura 0%).
Gli altri superbonus
I debiti pubblici degli altri Paesi sono stati come 3-4 superbonus! Se poi "togliessimo" dalla crescita economica anche il supporto ad essa fornito dall'aumento dei debiti pubblici al netto degli interessi, chiuderemmo il cerchio di una rigorosa analisi dei dati fattuali, non fuorviata dagli stereotipi o dalle ideologie. Infatti, tra il 2020 e il 2026, secondo i dati e le previsioni della Commissione Europea (che sono lì da leggere, basta volerlo fare), il debito pubblico dell'Italia al netto degli interessi è quello che risulterà aumentato di meno in percentuale (+10,2% rispetto al 2019, cioè +260 miliardi di euro, incorporando anche gli aggiustamenti stock-flussi dei superbonus edilizi), contro incrementi da capogiro per gli altri Paesi (che è come se di superbonus ne avessero fatti 3-4 a testa).
Citiamo qui sinteticamente quattro casi nazionali di crescita dei debiti pubblici al netto degli interessi per un confronto, rimandando al grafico accanto per un quadro più completo: Stati Uniti (+39,3%, cioè qualcosa come +9.120 miliardi di dollari), Francia (+34,7%, cioè +827 miliardi di euro, vale a dire oltre 3 volte più dell'Italia), Regno Unito (+32,9%, cioè +629 miliardi di sterline, vale a dire 2,8 volte circa più dell'Italia), Germania (+27,4%, cioè +567 miliardi di euro, vale a dire oltre 2 volte più dell'Italia).
In conclusione, l'Italia è, tra le maggiori economie avanzate, il Paese che dal 2020 al 2026 avrà a consuntivo la crescita economica per abitante più elevata rispetto al 2019, pur con la minore iniezione di debito pubblico aggiuntivo al netto degli interessi.