Il caso "Banca Progetto": l'indagine sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nell'economia legale
Non sorprende l'indagine della Guardia di Finanza e della Dda di Milano sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nell'economia legale. L'inchiesta su Banca Progetto e sul prestito garantito dallo Stato che sarebbe finito ad alcuni imprenditori già pizzicati a fare affari con le cosche calabresi è solo la punta dell'iceberg di una vera e propria invasione «degli spazi economici», per usare le parole del comandante della Dia Michele Carbone al Giornale. Se l'istituto di credito garantisce di essere del tutto estraneo, fa riflettere comunque la semplicità con cui le cosche si sarebbero impossessate di un prestito nato per rispondere alle esigenze di ripartenza delle aziende affondate causa Covid: «La compagine criminale avrebbe cannibalizzato - ne sono convinte le Fiamme gialle - il fiume di denaro pubblico, ricavandone ingenti guadagni».
Eccolo, il messaggio che la ricostruzione degli agenti del Nucleo di polizia valutaria della Gdf consegna soprattutto alla politica: sappiamo che le cosche si sono mosse dopo la pandemia per raccattare ristoranti ed esercizi commerciali in crisi, sostituendosi con i loro proventi frutto del narcotraffico (di cui la 'ndrangheta è sostanzialmente monopolista) a banche ed istituti di credito per impossessarsi di «lavatrici» dove riciclare questi capitali illeciti immettendoli nel circuito legale con false fatture.
Al tempo stesso la borghesia mafiosa a busta paga della compagine criminale, aggirando la legge, avrebbe intercettato i finanziamenti che avrebbero ostacolato il loro disegno. Tocca al legislatore capire perché gli strumenti per aiutare aziende e famiglie in crisi, dal Superbonus ai prestiti garantiti, siano finiti troppo spesso nelle mani sbagliate.