Cinque parole. Un tweet che plana dritto sulla polemica tra governo e magistrati sui migranti, ravviva i carboni ardenti. «These judges need to go», «questi giudici devono andarsene» scrive su X, il social network a sua immagine e somiglianza, Elon Musk, patron di Tesla e Space X, ombra del neopresidente Donald Trump. A dover togliere il disturbo, sostiene il guru americano commentando un post polemico sulla piattaforma, sono i giudici della sezione immigrazione di Roma che ancora una volta hanno messo in stand-by il patto tra Italia e Albania sui riconoscimenti extraterritoriali dei migranti.
LE REAZIONI
Bastano cinque parole, applaudite subito da Matteo Salvini e la Lega, a creare un vespaio. Perché il provvedimento delle toghe romane che ha annullato il trattenimento di sette migranti - due egiziani e cinque bengalesi - nel centro di Gjader è il grande cruccio della premier Giorgia Meloni e del governo tutto in queste ore. Dove nessuno è disposto a fare un passo indietro nel duello con i giudici e anzi si fa strada l’idea di contrattaccare.
Nei tribunali, con la pioggia di ricorsi del Viminale davanti alla Corte di Giustizia Ue. E in Parlamento, con la riforma della separazione di giudici e pm pronta a un altro sprint: approderà in aula tra il 26 e il 29 novembre. Mentre si complica il cammino del Dl Flussi dove è confluito come emendamento il “decreto Paesi sicuri” del governo e si fa concreto il rischio di un ingorgo parlamentare. Commissioni precettate anche nel week end per scongiurarlo.
Intanto la bordata di Musk alle toghe italiane fa infuriare le opposizioni così come la magistratura associata. «Un’ingerenza inaccettabile e un problema serio per la democrazia», tuonano Pd e Avs chiamando Meloni a riferire in aula. E se il consigliere laico del Csm Ernesto Carbone parla di «parole pericolose» e «un intervento violento contro un potere dello Stato», dall’Associazione nazionale magistrati parte il fuoco di fila contro l’uomo più ricco del mondo. «Musk si è preso gioco della sovranità dello Stato», affonda il presidente Giuseppe Santalucia seguito subito dalla vicepresidente Alessandra Maddalena: «Qui non è più in gioco l’indipendenza della magistratura, ma la sovranità dello Stato italiano».
Un coro a più voci, invece, si alza dal centrodestra. Neanche a dirlo, Salvini applaude il tycoon sudafricano con cui rivendica ormai un filo direttissimo. «Elon Musk ha ragione. Il 20 dicembre potrei ricevere una condanna a 6 anni di galera per aver bloccato, da ministro dell'Interno, gli sbarchi di clandestini. Visto dall'estero tutto questo sembra ancora più incredibile», irrompe anche lui su X il “Capitano”. Non senza cogliere l’occasione per una nuova stoccata alle toghe: «Anziché a Musk, l’Anm pensi a lavorare».
Meloni sceglie il basso profilo. Nel Cdm mattutino che dà il via libera al concordato fiscale si astiene da commenti sulla battaglia con i giudici per i trattenimenti in Albania e i rimpatri dai centri italiani, che ora si sposterà nelle aule giudiziarie. In Fratelli d’Italia non tutti del resto si esaltano per il tweet anti-toghe di Musk, «è un privato cittadino» spezza una lancia il capogruppo alla Camera Tommaso Foti mentre il vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli prende le distanze: «Siamo attrezzati per difenderci da soli». Proprio come Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati in odore di una futura candidatura a sindaco di Milano: «Parole inopportune, alimentano addirittura dall’estero uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole».
IL FRONTE IN AULA
Nel Musk-gate si infila anche Andrea Stroppa, informatico ormai assurto a braccio destro del miliardario: «Può esprimersi liberamente, fatevene una ragione». Schivo Giancarlo Giorgetti che ci scherza su: «È un miliardario, potrebbe darci una mano». Vige il silenzio a Palazzo Chigi, dove Meloni - che con Musk ha ormai una consuetudine - ha ricevuto nel pomeriggio il governatore della Florida Ron Desantis, già sfidante di Trump alle primarie repubblicane, l’uomo che ha dato il via libera per l’estradizione di Chico Forti.
Sullo sfondo il governo allaccia le cinture per il testa a testa con i magistrati in aula. Aspettando la Corte di giustizia europea sulla definizione di paesi sicuri. Prima ancora la Cassazione che il 4 dicembre si esprimerà adita dal tribunale di Roma. A pagare il prezzo del tiro alla fune sono intanto i migranti sospesi tra Italia e Albania. Lunedì notte i sette richiedenti asilo salvati nel Mediterraneo approdare in un Cara pugliese dopo che i giudici del tribunale di Roma hanno sospeso la convalida del trattenimento nel Paese est-europeo.