Natalità, caduta continua: appena 299mila bimbi con i due genitori italiani

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Il meteorite che sta per colpire l'Italia continua la sua corsa e l'impatto è inevitabile. Il meteorite è la denatalità. Da quindici anni l'Istat segnala il rapido calo delle nascite e il Paese archivia la notizia come se il conto da pagare non dovesse mai arrivare. Il 2023 si è chiuso con 379.890 nati, minimo di sempre, di cui per la prima volta nella Storia dal antica e recente meno di 300mila figli di due genitori italiani. Per l'esattezza sono stati 298.948 in contrazione del 3,9% rispetto all'anno precedente e del 37,7% rispetto al 2008.

Il 2008 non è un anno qualsiasi: è stato l'ultimo che ha visto protagoniste nelle sale parto le figlie del baby boom, cioè le nate nel 1964, quando nacque oltre un milione di bambini. Dal 2009 quella generazione numerosa è uscita dall'età fertile e le coppie rimaste pur confermando in sostanza la medesima propensione a fare figli non possono matematicamente stabilizzare le nascite, ormai precipitate di 200mila unità rispetto a quindici anni fa. E i primi dati del 2024 confermano il trend.

Tutto prevedibile, quindi. Ma si può continuare a fare finta di nulla perché ai bambini nessuno chiede di produrre e anzi meno sono, meno si divide il Pil procapite. Nelle scuole elementari già sappiamo che dai 2,5 milioni di alunni attuali si passerà in cinque anni sotto i 2 milioni senza che questo abbia effetti immediati sulla società. Il meteorite è ancora lontano. Finché la generazione più numerosa - quella nata nel 1964, oggi sessantenne - sarà produttiva potremo far finta di nulla. Poi il Paese si fermerà, quasi di colpo.

Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia lo scorso 31 maggio quando ha avvertito che nei prossimi anni spariranno 5 milioni di persone in età da lavoro, nonostante l'aumento stimato di flussi migratori. La previsione è facile perché i numeri sono chiarissimi. Ma sembra non scuotere la politica, che continua con rare eccezioni a considerare la demografia uno dei temi di cui occuparsi ciclicamente e non la questione dei nostri tempi.

E i numeri dicono che l'indice tendenziale di figli per coppia non mostra alcun segnale di ripresa: era 1,24 nel 2022 (con il Mezzogiorno a 1,26) ed è diventato 1,20 nel 2023 (con il Sud a 1,24). In nessuna località ci si avvicina al valore di equilibrio di 2. Il massimo è a Bolzano (1,56 in rapido calo rispetto a 1,72 di due anni fa) seguita da Gorizia (1,41) e Palermo (1,39) con Napoli a 1,32 (era 1,37 nel 2022). Il valore minore - da brividi - è a Cagliari che con 0,85 figli per coppia ha uno dei peggiori indici del mondo. Del resto la gelata delle culle è planetaria e sta sorprendendo i demografi di tutti i continenti, i quali si aspettavano una schiarita dopo la pandemia. Invece dalla Colombia alla Corea, dall'Ungheria alla Francia, dall'Iran agli Stati Uniti, il collasso delle nascite appare inarrestabile. A preoccupare l'Istat, in un quadro già critico, è la diminuzione dei primogeniti, vista come conseguenza dell'allungarsi dei tempi di formazione e della difficoltà di trovare un lavoro stabile per i giovani. L'età al parto è in media di 32 anni e mezzo con lievi variazioni territoriali (nel Mezzogiorno 32,2).

La presenza di immigrati allevia solo in parte la crisi delle culle in Italia. La quota di nati con almeno un genitore straniero è del 30% al Nord, del 24% al centro e del 9% al Sud, ovvero in linea con il radicamento delle comunità estere. Ma il loro contributo è sceso in un anno da 82.216 a 80.927 segnando l'undicesima contrazione consecutiva, rispetto ai 108mila del 2012.

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Le curiosità

Il rapporto Istat si focalizza anche su indicatori più leggeri, come le opzioni familiari sui nomi e - novità degli ultimi anni - sui cognomi. I genitori dopo anni di grande omogeneità nazionale sono tornati a scelte territoriali. Leonardo nel 2023 è preferito per i maschietti ma in Campania e Basilicata prevale Antonio, mentre in Puglia, Calabria e Molise si va sul classico Francesco. Per le bambine il nome più scelto è Sofia, tuttavia in Campania primeggia Vittoria (come nel film prodotto da Nanni Moretti sulla coppia di Torre Annunziata), in Puglia Giulia e Aurora in Abruzzo, Basilicata e Sicilia. Scelta inedita per la Sardegna: Beatrice.
Quanto ai cognomi, comincia a diffondersi la possibilità per i genitori di assegnare al figlio entrambi i cognomi, aperta da una sentenza della Corte costituzionale del 2016 ed effettiva dal 2020. La scelta riguarda 6,2 nati ogni cento con valori superiori al Centronord (al 7%) e intorno a 4 su cento nel Mezzogiorno. L'opzione è rarissima quando la coppia ha già figli, perché si preferisce dare continuità alla soluzione tradizionale del solo cognome paterno. Ma nel caso del primogenito il doppio cognome arriva al 9,1%, il triplo del 2020. Sono soprattutto le coppie con cittadinanza mista e quelle di alcune comunità di stranieri ad avvalersi di tale opzione. Se la madre è italiana e il padre straniero, il cognome materno viene indicato nel 14,2% dei casi. E se i genitori sono entrambi spagnoli, portoghesi o sudamericani (dove il doppio cognome c'è da sempre) la pratica riguarda 87 nati su 100.
 

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