Stop dei socialisti a Ursula, la Commissione Ue vacilla: «Fiducia rotta, non voteremo Fitto». E FdI accusa il Pd

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È uno stallo alla messicana in piena regola. Tutti pronti a colpire, ma nessuno a fare la prima mossa. Non è una pellicola di Sergio Leone o Quentin Tarantino, però, ma la descrizione della paralisi perfetta che da martedì blocca ogni intesa fra le tre forze della “maggioranza Ursula” (popolari, socialisti e liberali). E che, di conseguenza, rischia di tenere in ostaggio fino alla prossima settimana l’ok da parte dell’Europarlamento dei vicepresidenti esecutivi, tra cui l’italiano Raffaele Fitto, destinati a completare la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Di conseguenza, in maniera irrituale, le votazioni delle singole commissioni parlamentari competenti (dove servono i due terzi dei sì) non sono state ancora calendarizzate per nessuno dei sei e neppure per l’uomo di Viktor Orbán, il patriota Olivér Várhelyi, finito nella mischia.

IL DIALOGO

Per il secondo giorno consecutivo, ieri von der Leyen è tornata a intavolare un dialogo con i capigruppo parlamentari, incontrandoli tutti insieme a palazzo Berlaymont, sede dell’esecutivo Ue, e non in una saletta dell’Eurocamera come aveva fatto martedì per ascoltare le leader dei socialisti di S&D Iratxe García Pérez e dei liberali di Renew Europe Valérie Hayer, contrarie al ruolo di peso per Fitto. Ieri, in più, c’era anche il gran capo del Ppe Manfred Weber. È lui il responsabile, accusano i socialisti, di aver «rotto l’accordo» tra le forze moderate pro-Ue con aperture alle formazioni di destra, insieme alle quali ha già votato in più di un’occasione formalizzando la politica dei due forni del principale gruppo d’Aula. Tra queste sponde, i progressisti annoverano un peccato originale: la blindatura della candidatura di Fitto come vicepresidente esecutivo, pur non essendo i conservatori dell’Ecr (il gruppo Ue di FdI) parte della maggioranza europeista che a luglio, con i verdi, disse sì alla leader tedesca. A sinistra chiedono, quindi, una rimozione del titolo e una retrocessione del ministro salentino a commissario semplice titolare di Coesione e Riforme (oltre a un ridimensionamento delle deleghe di Varhelyi). Altrimenti, è il senso del ragionamento, von der Leyen cerchi pure i voti oltre il cordone sanitario, fra patrioti e sovranisti. In serata poi i toni si fanno ancor più ultimativi. «Si è rotta completamente la fiducia con il Ppe», avvisano dal gruppo di S&D: «Fitto non avrà i voti dei socialisti in nessun caso. Non è una questione spagnola, né un problema con l'Italia o con Fitto, ma un problema con l'estrema destra. Se vogliono votare Fitto con un'altra maggioranza, lo votino». «Il dato politico è sempre più chiaro – spiega il capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti – È netto lo spostamento a destra della Commissione. Spetta a von der Leyen chiarire se l’asse della maggioranza è cambiato». In altre parole la linea dem sulla candidatura di Fitto è la stessa del gruppo S&D. Ed è con un esitante Pd, «delegazione più numerosa» tra i socialisti, che torna infatti a prendersela la premier Giorgia Meloni, con un post su X, come fatto già il giorno prima: «L'Italia, secondo loro, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione». Argomento, quello della casella di rilievo nell’esecutivo per un grande Paese, usato in questi giorni anche dal Ppe a difesa di Fitto, benché a rigore - una volta insediatisi - i commissari smettano di rappresentare uno Stato membro diventando membri indipendenti del collegio. Per il capodelegazione di Forza Italia Fulvio Martusciello, «Fitto non deve temere, è sotto l’ombrello dei popolari». A Meloni ha replicato l’eurodeputato Pd Dario Nardella: «Nel 2019 eri contro la nomina di Paolo Gentiloni a commissario e organizzavi addirittura una protesta davanti a palazzo Chigi»

MONETA DI SCAMBIO

Ma a far infuriare i socialisti e raggelare le relazioni con il Ppe c’è di più. L’altro fronte aperto riguarda il trattamento riservato dai popolari alla socialista spagnola Teresa Ribera, punta di diamante della sinistra nel nuovo esecutivo e finita nel mirino dei connazionali di centrodestra per la gestione dell’emergenza alluvione a Valencia. La sua sopravvivenza è diventata moneta di scambio nella grande trattativa per salvare Fitto. Dall’incontro di ieri, però, non è arrivata la svolta sperata, hanno confermato le tre formazioni, con García Pérez che esclude ottimismo sulla possibilità di trovare la quadra. I canali di comunicazione restano bene aperti, fanno tuttavia filtrare dal Ppe, a testimonianza che la situazione potrebbe ancora evolversi, ma probabilmente solo la prossima settimana. Nello scontro totale a due, si mantengono su una posizione di equilibrio i liberali: condannano il «comportamento irresponsabile delle forze che non contribuiscono a una soluzione responsabile» poiché «una paralisi politica danneggia tutti». E invitano von der Leyen ad «assumersi la responsabilità di superare lo stallo e costruire ponti».

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