Più poteri all’Antitrust per raddoppiare le sanzioni milionarie (che oggi fa solo il Garante della Privacy) e l’obbligo di utilizzo di un protocollo informatico per certificare i numeri e limitare al minimo le truffe. Sono gli elementi principali della stretta sul telemarketing selvaggio a cui lavora il governo.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, punta ad approvare un apposito disegno di legge entro l’inizio del 2025. Si parte dalle proposte di maggioranza e opposizione presentate alla Camera per la riforma dei call center, che l’esecutivo vorrebbe unire. Ma si vuole andare anche oltre. È corsa contro il tempo, infatti, per predisporre un mix di soluzioni, normative e informatiche, che possano limitare un fenomeno diventato oramai quasi incontrollabile. E in tal senso è indispensabile il supporto tecnico del Garante, che è ad oggi l’unico vero argine alle chiamate indesiderate e alle truffe.
Come confermato da Urso, infatti, il solo Registro pubblico delle opposizioni, che pure ha raggiunto 30 milioni di numeri iscritti e oltre 5 miliardi di contatti verificati (coinvolgendo 101 mila operatori), non funziona abbastanza.
GLI STRUMENTI
Noi de Il Messaggero lo abbiamo provato, iscrivendo quattro mesi fa una decina di numeri, tra fissi e cellulari, alla piattaforma del Mimit nata nel 2022 per schermare dalle offerte. Il risultato? Se nelle prime settimane le chiamate indesiderate sono praticamente scomparse, nel giro di due mesi il flusso è ricominciato quasi come prima. Il problema è che il Registro delle opposizioni non può impedire di ricevere chiamate illegali, fatte da soggetti che raccolgono i dati in modo illecito, magari accedendo ai database di grandi aziende.
Tanto che, se si chiude un contratto in questo modo e si viene scoperti dal Garante (lo hanno fatto anche le big dell'energia utilizzando società terze), l’impresa è costretta a chiedere di nuovo il consenso per fornire il servizio. Inoltre, con le chiamate tramite internet, si riesce facilmente a camuffare il numero di chi chiama, creandone uno falso o rubandone uno esistente. Non solo: l’iscrizione al Registro copre solo il periodo fino all’ingresso nella piattaforma. Andrebbe quindi rinnovata una volta al mese per provare a rendere più funzionale la copertura.
Da qui la necessità di un intervento normativo. Inserire le telefonate a chi è iscritto nel Registro nelle pratiche commerciali scorrette permetterebbe di attivare in modo praticamente automatico l’Antitrust. Che oggi, invece, può muoversi solo discrezionalmente, senza aver mai corrisposto multe milionarie (al momento è considerata una pratica aggressiva solo l’attivazione non richiesta di una fornitura di energia elettrica e/o gas). Si punta anche ad elevare le sanzioni che fanno da deterrente ai truffatori, facendole diventare anche di centinaia di milioni di euro. Si aiuterebbe così il Garante, che ha avviato varie istruttorie, ma solo qualche decina è sfociata in sanzioni, di cui la più grande da 79 milioni a una big dell’energia.
La seconda direttrice dell’intervento in fase di definizione, però, punta ad aggredire il fenomeno a monte, rendendo obbligatorio per tutti gli operatori l’utilizzo di protocolli di trasmissione telefonica per certificare l’identità del numero chiamante. Consentirebbe alle reti telefoniche di verificare l'autenticità degli identificativi di chi chiama, utilizzando certificati digitali. Il Garante ne sta parlando con i principali operatori telefonici, partendo dal protocollo “Stir/Shaken” di recente approvato negli Usa, in Francia e in Canada. Così sarebbe più facile risalire alle aziende che si nascondono dietro i numeri.
L’Autorità è anche in pressing sulle compagnie telefoniche per fargli adottare nuove strategie di cybersecurity per impedire ai call center abusivi di accedere ai propri registri informatici. Ma anche per avere banche dati condivise per verificare se i numeri che chiamano esistono o meno e da dove arrivano le telefonate. Le norme si sommerebbero poi al codice di condotta volontario approvato dal Garante, coinvolgendo i grandi player italiani del settore. Molti operatori telefonici hanno anche accettato di aderire al codice dell’Agcom, sempre volontario, sulla trasparenza dei contratti e la tutela dei clienti.
Nel frattempo negli Stati Uniti si lavora sull’intelligenza artificiale per creare una rete antifrode hi-tech in grado di apprendere dai dati e di adattarsi ai modelli di frode, che cambiano in modo rapidissimo assieme alle tecnologie. Si utilizzerebbe anche la cosiddetta “biometria vocale”, il rilevamento di caratteristiche e anomalie nei modelli automatizzati con voce robotica per riconoscere e localizzare i truffatori.
LE ALTRE OPZIONI
Per le associazioni dei consumatori, però, bisogna fare di più. «Per abbattere il telemarketing selvaggio – spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unc– serve obbligare le aziende all’uso del prefisso unico (previsto da una legge del 2018 e mai applicato), così da rendere riconoscibili le chiamate al consumatore, ma anche tornare al sistema dell’opt in, che proibiva di telefonare a qualcuno se non aveva dato prima il suo consenso ad essere chiamato. Infine, almeno per luce e gas, siano considerati nulli i contratti fatti per telefono». Sull'opt in c'è una proposta di legge del Pd che, oltre a prevedere sanzioni più severe contro il telemarketing selvaggio, punta a istituire un registro pubblico a cui sarebbe necessario iscriversi se si vogliono ricevere le promozioni al telefono, specificando da chi e su quale utenza telefonica.
Opzioni, queste, che però non convincono il governo, convinto che danneggerebbero l’intero settore del telemarketing, compresi coloro che agiscono in modo legale.