Un ragazzetto di appena 16 anni, un adolescente che per una banalità impugnò una pistola che per poco non ammazzò il figlio del titolare di una rivendita di materiale informatico nei pressi della stazione Circum di Nola di via onorevole Francesco Napolitano.
Ieri è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in un istituto per minori e dovrà vedersela con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma comune da sparo. A gennaio, insieme con due amici tredicenni si rese protagonista del ferimento di un altro giovane la cui colpa fu quella di aver reagito ad una provocazione.
I tre passarono davanti al negozio e diedero un calcio al birillo stradale che i proprietari avevano messo davanti all’ingresso per dare la possibilità ai clienti di effettuare una sosta veloce. Ne nacque un battibecco ed i ragazzi furono rincorsi per alcuni metri. Sembrava fosse finita lì.
Gli spari
Invece il più grande del gruppo estrasse una pistola e sparò all’indirizzo del titolare colpendolo al torace prima di svanire nel nulla insieme agli altri due. Non avevano fatto i conti con le telecamere degli impianti di video sorveglianza che hanno fornito agli investigatori l’identikit dei responsabili di un episodio di violenza che per poco non è finito in tragedia. Giubbino di pelle a strisce bianche e blu, il ragazzo ha lasciato la firma su di una sequenza che all’epoca lasciò tutti senza parole ponendo ancora una volta l’accento sulla sicurezza e sull’uso disinvolto delle armi da parte dei giovani.
La vittima finì in ospedale, sotto choc i familiari. Una storia da dimenticare, un incubo da lasciarsi alle spalle anche se la ferita brucia ancora. Sarà per questo che si è preferito non commentare neanche la notizia del provvedimento emesso ieri dalla Procura per i minorenni di Napoli che ha coordinato le indagini condotte dagli agenti del commissariato di polizia di Nola, coordinati dal primo dirigente Giovanna Salerno, che, tra l’altro, si trova a pochi metri dal luogo in cui avvenne la sparatoria.
Mesi di lavoro per ricostruire quei terribili attimi e per dare un nome alla gang i cui componenti si dileguarono in pochi secondi. Fotogrammi passati al setaccio, testimonianze raccolte e poi la svolta con il provvedimento eseguito ieri dalla Polizia di Stato. Ai tre adolescenti violenti è stato dato un nome e un cognome ma due di loro non sono nemmeno imputabili. Il provvedimento è scattato, infatti, solo per il ragazzo di 16 anni, per colui il quale avrebbe estratto l’arma facendo fuoco verso il figlio del titolare del negozio di materiale informatico. A non essere stata mai ritrovata è stata la pistola utilizzata per colpire la vittima che lo stava inseguendo. Origini rumene, il giovane rinchiuso in un istituto penale per minorenni ha la cittadinanza italiana ed è residente a Nola. Nei comuni dell’hinterland risiedono invece gli altri due giovanissimi coinvolti.
La notizia dell’individuazione del colpevole ha riportato alla mente dei cittadini di Nola un’altra brutta storia che si verificò in città qualche settimana fa, il 12 settembre: le ferite mortali inferte ad Antonio Liberti, 44 anni, morto dopo una lite per questioni di viabilità. A sferrargli alcuni fendenti fu un uomo di 38 anni che reagì estraendo un coltello alla richiesta di un chiarimento sulla lite avvenuta in mattinata tra i familiari di entrambi. Nessuno scampo per l’uomo che morì alcune ore dopo all’ospedale di Nola dove i medici avevano tentato di strapparlo al proprio destino sottoponendolo ad un intervento chirurgico. «Una stupida lite nata per un divieto di accesso per la quale mio marito aveva chiesto spiegazioni che – ha raccontato poi la moglie della vittima - non gli sono mai state date poiché è stato tratto in un tranello che gli è costato la vita. È stato trafitto con una lama di 25 centimetri che gli ha provocato ferite mortali. Da quel giorno mio marito non è più tornato casa. Per lui chiedo giustizia ed alle autorità chiedo di tutelare la mia famiglia».