Sono passati 10 anni da quel luglio del 2014 in cui Alberto Gimignani, attore noto per i suoi ruoli in numerose fiction di successo come “Distretto di Polizia”, “La Piovra” e “Un Posto al Sole”, nonché per la sua partecipazione a film come “La Famiglia” di Ettore Scola, “Ricordati di me” di Gabriele Muccino e “Cado dalle nubi” con Checco Zalone, venne arrestato perché accusato di essere il tecnico di una banda che rubava e rivendeva telefonini.
Da quell’accusa ora è stato assolto, con formula piena («perché il fatto non sussiste») dal tribunale di Roma. Ma in questi 10 anni la sua vita è cambiata radicalmente, tra le due settimane passate in carcere, i sei mesi agli arresti domiciliari e una drastica interruzione della sua carriera.
«Una sentenza liberatoria, l'emozione più grande che ho provato dopo la nascita di mio figlio», ha commentato l’attore dopo la notizia dell’assoluzione. I suoi difensori, gli avvocati Daria Grimani e Pierluigi Rossi hanno invece annunciato battaglia: «Ora si continuerà a lavorare affinché al nostro assistito, che si è sempre dichiarato innocente, sia restituito il giusto risarcimento non solo per la lunga attesa, ma anche per quella gogna mediatica che gli ha gravemente compromesso la carriera di attore».
IL RACCONTO
L’incubo di Gimignani ha avuto inizio con una telefonata del padre, mentre l’attore si trovava negli Stati Uniti. «Ero da mio figlio, mio padre mi ha chiamato dicendomi che mi cercava la polizia. Pensavo a uno scherzo». Ma si sbagliava. Tornato in Italia si era presentato spontaneamente in caserma. «Da quel momento in poi fino a ieri mattina (giovedì, ndr) - ha raccontato l'attore-, è stato un cambio di vita totale. La mia professione ha subito un arresto immediato. Ho sempre lavorato in radio e avevo anche dei buoni crediti, ma questo ha bloccato tutto». Non solo problemi lavorativi, «sono stato per sedici giorni nel carcere romano di Regina Coeli e sei mesi agli arresti domiciliari, dall'oggi al domani. È una reazione a catena che non fa solo una vittima, ma ricade su tante persone, cambiando la vita anche a loro. Mia madre a volte non veniva salutata in strada da persone che conosceva», ha spiegato l’artista che ha poi descritto con amarezza il muro di diffidenza che ha dovuto affrontare: «Nonostante io avessi lavorato e avessi anche un curriculum di tutto rispetto, la presentazione sul tavolo delle reti tv era: “Gimignani è in mezzo a una situazione complicata, aspettiamo”. Ma io ho aspettato 10 anni». Amarezza, delusione, per 10 anni “persi”, ma è determinato, «continuerò a fare l'attore. Spero che da questo punto in poi si possa ripartire ma questi dieci anni non me li ridà nessuno», ha concluso.
LE ACCUSE
L’attore era stato arrestato nel 2014 nell’ambito dell’indagine della Dda su un’organizzazione criminale di nordafricani e romeni che aveva la sua base logistica a piazzale Flaminio, dove i borseggiatori consegnavano ai ricettatori i telefonini rubati nella metro. Il nome di Alberto Gimignani era finito tra i tanti indagati, con le accuse di ricettazione e riciclaggio. Secondo gli inquirenti riusciva, usando un programma scaricato da internet, a risalire al paese di provenienza del telefono e del gestore e a cancellare il codice dei telefonini rubati. In questo modo il cellulare tornava a funzionare, nonostante l'azienda telefonica lo avesse bloccato in seguito alla denuncia di furto. Nulla di tutto ciò, ma ci sono voluti 10 anni - e tanta sofferenza - per arrivare all’assoluzione con formula completa.