Ad ucciderlo è stato un colpo di pistola partito accidentalmente dall’arma che maneggiava il cugino. Non un “gioco” finito tragicamente, perché non si può parlare di gioco quando tra le mani ci si ritrova un’arma micidiale, a 18 anni. È morto così Arcangelo Correra, e il suo nome è ora nella lista nera dei ragazzi di Napoli cresciuti in fretta e male, vittime dei loro stessi ideali sbagliati. In soli 17 giorni, infatti, tre ragazzi sono stati uccisi con armi da fuoco. E quest’ultimo atto impone una riflessione sugli strumenti da adottare per fermare il fiume di porpora che insanguina la città e la sua provincia.
LE INDAGINI
Alla Polizia di Stato sono bastate sei ore per risolvere il caso. La Squadra Mobile guidata dal primo dirigente Giovanni Leuci ha chiuso il cerchio in tempi da record attorno al presunto assassino: Renato Caiafa, 19 anni, cugino della vittima e fratello di Luigi, ucciso quattro anni fa da un poliziotto durante una rapina. Vite bruciate e destini tragicamente incrociati. Dopo un lungo interrogatorio in Questura Renato ammetterà, in lacrime, di avere impugnato quella maledetta pistola calibro 9x21 (la stessa in dotazione alle forze dell’ordine), facendo scorrere il carrello e dunque inserendo il colpo in canna mentre puntava l’arma in direzione del cugino. Poi, quel proiettile assassino partito accidentalmente, e la corsa all’ospedale Pellegrini nel disperato tentativo di salvare la vita del parente. Tutto inutile: quel proiettile esploso a distanza ravvicinata è penetrato all’altezza della tempia di Carrera conficcandosi nel cervello e provocando una terribile emorragia cerebrale. Inutile l’intervento chirurgico, il ragazzo è morto poco dopo essere entrato in sala operatoria.
L’APPUNTAMENTO
«No, non volevo far partire quel colpo - ha ripetuto Caiafa singhiozzando davanti al pubblico ministero - e non so come sia potuto succedere, non ho nemmeno sfiorato il grilletto». Nei suoi confronti è scattato il fermo con le accuse di porto e possesso di arma clandestina e ricettazione: per lui si sono aperte le porte del carcere di Poggioreale. Non contestato, almeno per il momento, il reato di omicidio colposo: un passaggio al quale si potrebbe arrivare presto, già nelle prossime ore dopo avere acquisito ulteriori testimonianze. Ma ricostruiamo gli ultimi attimi di vita del 18enne. Arcangelo Correra si è dato appuntamento con il cugino e un altro amico venerdì sera a piazzetta Sedil Capuano, nel centro storico di Napoli. I tre tirano fino a notte fonda, e poco distante c’è un altro capannello di giovanissimi che bevono qualcosa. C’è anche un forte odore di fumo: qui le “canne” sono all’ordine del giorno, e confondono i sensi e la lucidità dei ragazzi. Intanto si sono fatte le cinque del mattino. E quel clima di euforia sta per interrompersi tragicamente, con il botto secco del colpo che parte dalla pistola. Le indagini della Mobile cristallizzano quell’attimo; in quel momento nella piazzetta ci sono, complessivamente, cinque persone: Arcangelo, e di fronte a lui il cugino e un 17enne (anch’egli legato con i due da legami di parentela). Più in là altri due giovani della zona parlottano tra loro. A precedere l’esplosione sarà il passaggio di quella pistola tra le mani dei tre.
IL TERRORE
Quando si accorge di aver ferito alla testa il cugino, Renato Caiafa - preso dal panico - si lancia a bordo di uno scooter con il ferito e il 17enne per correre verso il pronto soccorso dei Pellegrini. Subito dopo aver lasciato Arcangelo sanguinante su una barella del pronto soccorso si dà alla fuga, che durerà poco. Il 19enne si presenta spontaneamente - accompagnato da alcuni familiari - in Questura per costituirsi. Negli uffici della Squadra Mobile l’epilogo è affidato ad un interrogatorio che prova emotivamente sia il presunto assassino che il minorenne, che accuserà anche un leggero malore. Renato Caiafa piange come un bambino, solo adesso realizza di aver strappato la vita del cugino e rovinato la propria. Ma resterà fino all’ultimo reticente su un punto: chi gli ha fornito quell’arma. E qui ricompare quella cappa nera di reticenza maturata - quella sì - con ogni probabilità in un ambiente di camorra.
«La capacità di una efficace risposta dello Stato - commenta al “Mattino” il questore di Napoli Maurizio Agricola - si sostanzia non solo nell’attività di prevenzione del territorio, ma anche nella risposta investigativa. Che a Napoli circolino molte, troppe armi è un drammatico dato di fatto inconfutabile, e nessuno lo nega. Ma noi sul contrasto a questo fenomeno siamo presenti con indagini sulle quali non posso soffermarmi, e con azioni ad alto impatto: proprio ieri abbiamo ritrovato e sequestrato tre armi nel cuore del centro storico». Intanto la città è costretta ad archiviare anche quest’ultima tragedia. Per chi ha fede, le speranze si fanno preghiera. Per chi più laicamente cerca di vedere la luce oltre il buio, l’auspicio è che la prossima sia una notte senza sangue.
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