Dati rubati, clonata la mail di Mattarella, spiati La Russa e Renzi. I pm: «Rischi per la democrazia»

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La mail clonata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il report sul presidente del Senato Ignazio La Russa e la ricerca di informazioni sull’ex premier e leader Iv Matteo Renzi, le incursioni nella banca dati della Presidenza del Consiglio dei ministri, le notizie provenienti dai servizi segreti e i contatti con 007 esteri. La banda dei dossier che si vantava di «fregare tutta l’Italia» era una minaccia al cuore della Repubblica. «Non è esagerato affermare che si tratta di soggetti che rappresentano un pericolo per la democrazia di questo Paese», scrive il pm di Milano Francesco De Tommasi nella richiesta di custodia cautelare per i vertici di Equalize, la società dei dossieraggi illegali. Mettono a rischio «interessi vitali della collettività» e dell’ordinamento, compromessi da «soggetti spregiudicati, scaltri, determinati e privi di scrupoli che si muovono nell’oscurità». In grado «di tenere in pugno cittadini e istituzioni», di «condizionare» dinamiche «imprenditoriali, procedure pubbliche e anche giudiziarie».

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Dati dell'Aisi

La società di Enrico Pazzali, dell’ex super poliziotto Carmine Gallo e Nunzio Calamucci è riuscita a intercettare, tramite un gruppo denominato «Campo Volo», un indirizzo email assegnato al capo dello Stato, utilizzando abusivamente o «clonando» l’account. Nulla pare impossibile per gli uomini di Equalize, che dispongono di sofisticate abilità informatiche e una straordinaria rete «di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e dei servizi segreti, pure stranieri». Tanto che i pm stanno effettuando approfondimenti sulla presunta vendita di informazioni sensibili: la «predisposizione dei dossier illegali» continua, segnalavano in un’integrazione del 27 settembre scorso, e c’è il «rischio» che i dati prelevati vadano in mano «di agenzie straniere e che all’estero possa essere creata e detenuta una banca dati destinata a conservare le informazioni». Assai delicate, considerata la «presenza» in una chiavetta usb di Calamucci «di dati che a una prima analisi risultano classificati» come un documento formalmente riconducibile all’Aisi», registrato alla voce «riservato» e risalente al 2008-2009 sulle «reti del Jihad globale». Calamucci si vantava di avere un «hard disk contenente ottocentomila Sdi», informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell’ordine, e «sei, sette milioni di chiavette». Una «mole di dati da gestire enorme, pari almeno a 15 terabyte», calcolano i pm. Si tratta di informazioni raccolte su commissione per diatribe economiche, testamentarie e su politici, che a quanto risulta dalle intercettazioni agli atti Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano, avrebbe chiesto con notevole disinvoltura. «Fammene un altro. Ignazio La Russa», ordina a Calamucci a maggio 2023. «E metti anche un altro se c’è. Come si chiama l’altro figlio? Geronimo». Infine aggiunge, riferendosi al terzogenito del politico: «Leonardo sull’intelligence non ha niente?». Qualche mese prima l’attenzione del presidente si focalizza sul leader di Italia Viva, provocando la reazione «scioccata» di Carmine Gallo: «Mizzega, quello va a fare Matteo Renzi». Lo sconcerto è dovuto al fatto che se sulla banca dati dello Sdi delle forze dell’ordine si inseriscono interrogazioni sui «soggetti in vista», scatta un alert. Ma Calamucci rassicura, spiegando che l’inconveniente è stata bypassato grazie ai suoi «ragazzi», ovvero gli hacker punta di diamante di Equalize. Che vanta un corposo archivio (comprese le foto delle retate a Provenzano e Riina) dal quale Pazzali, in base alle carte, non esita ad attingere. A novembre 2022 chiede se nel database «vi sia anche documentazione relativa al procedimento penale Ruby, che ha coinvolto Silvio Berlusconi e Karima El Mahroug». È interessato in modo particolare a un video da lui stesso definito intimo della giovane che partecipò alle feste di Arcore, del quale Gallo asserisce di avere una copia. «Ma la domanda è: il video di Ruby dov’è? - chiede Pazzali un po’ preoccupato - Non possiamo detenerlo, non possiamo conservarlo». Calamucci prima ricorre a una battuta - «Possiamo dire che il nostro lavoro è di ricerca e sviluppo» - poi garantisce che quelle immagini sono praticamente in cassaforte. La collocazione di server all’estero rende complicate eventuali indagini degli inquirenti italiani: «Se la guardia di finanza viene qui a rompermi, noi rispondiamo che è un peccato, che non troviamo il video». Alla fine, chiosa Gallo, «nessuno andrà in Lituania a vedere».

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Ricchi affari

In alcuni casi Pazzali commissionerebbe ricerche anche per conto terzi. A luglio 2022 esorta Gallo a verificare se su Simona Gelpi, allora responsabile della comunicazione di Autogrill, «ci sia mai qualcosa con Berlusconi». Richiesta che, spiega, «mi arriva dalla Ronzulli», senatrice di Forza Italia, «mi fa un po’ paura». E Licia Ronzulli smentisce: «Mai chiesto controlli a Pazzali, il fatto che abbia agito di sua iniziativa mi rende parte lesa». Tra i più attivi nel collezionare informazioni segrete «per proteggere se stesso e i propri affari» risulterebbe l’imprenditore romano Lorenzo Sbraccia, che in un solo anno avrebbe versato una cifra superiore a 400 mila euro. Per la Dda di Milano le società riconducibili al gruppo di hacker avrebbero incassato un totale di oltre 3,1 milioni di euro di «profitti illeciti», solo la Equalize più di 2,3 milioni.

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