Federico Mollicone, romano, classe 1970, deputato FdI, presidente della Commissione Cultura. Uno degli uomini del giorno...
«Ma no, anzi. Io non c’entro niente con certe ricostruzioni che ho letto...».
Bè l’hanno vista e sentita litigare in Transatlantico con Antonella Giuli, sorella del ministro, portavoce del gruppo Fdi alla Camera.
«Discutere, non litigare. E le ho detto solo “ma cosa stai dicendo”? Conosco Antonella da una vita, la stimo e le voglio bene. Poi capisco il nervosismo, comprensibile quando ci sono vicende personali di mezzo».
Non è vero, allora, che anche lei ce l’ha con Giuli per la nomina di Spano?
«Ma no, assolutamente. Io sono l’unico ad averlo difeso pubblicamente, in una recente intervista. Anche se...».
Anche se?
«Che Spano non provenga dal nostro mondo è risaputo, da qui il nervosismo del partito di cui ha parlato Giorgia Meloni. Però lo ha scelto Giuli, si sarà fidato della sua capacità tecnica».
C’è un bel clima, dentro Fratelli d’Italia: veleni, accuse, rivalità. Forse anche peggio di quando c’erano i “colonnelli” di An. Che succede?
«Chi mi conosce sa che sono contrario a questo giornalismo da character assassination. Il governo e il Parlamento devono essere giudicati sul merito delle politiche e dei provvedimenti, non sulle dicerie dell'untore. Sciascia sarebbe d'accordo».
E chi sarebbe l’untore? Qualcuno, anche nel vostro partito, sospetta dell’ex ministro Sangiuliano...
«Non credo che c’entri, penso che in questo momento abbia altre cose a cui pensare».
E allora chi?
«Non lo so, non m’interessa. Ma, se c’è un corvo, quello non sono certo io».
In ogni caso è normale che le opposizioni e i giornalisti facciano il loro lavoro e che in caso vi critichino, o no?
«Si ma spesso si cerca il gossip, piuttosto che criticare le azioni di governo».
Siete stati criticati anche sulla questione Albania
«Quello è un provvedimento che rivendico».
Giuli si dimette, secondo lei?
«No anzi è solo all'inizio di una grande comune avventura».
E la scelta del futuro capo di gabinetto? Mercoledì il ministro è stato a colloquio a Palazzo Chigi.
«Sono scelte che spettano a lui e a Chigi. Il capo di gabinetto è un ruolo fiduciario, basato sull’intuitu personae».
Si dice che lei, da presidente della Commissione Cultura, abbia una certa influenza in certe scelte. Non è che punta al Collegio Romano?
«Macché, non ho mai ambito a fare il ministro o il sottosegretario, come sanno tutti. Neppure quando il mio nome, dopo la vittoria elettorale del ‘22, girava nei toto-ministri, magari per bruciarlo. Ho altre strategie, altri obiettivi per il futuro. Comunque mi piace molto fare il presidente di commissione ho fatto approvare già 3 riforme a mia firma 6 leggi in commissione e altre 2 a breve e tanta diplomazia culturale».
Fare il sindaco di Roma, come sostiene qualcuno?
«Guardi, io sono uno di quelli che è cresciuto con Giorgia. Pensarla presidente del Consiglio è già un successo per tutti noi, e stiamo lì per cercare di aiutarla».
Non mi ha risposto...
«Roma si governa solo con poteri speciali e una maggiore attribuzione di fondi».
Torniamo al caso Giuli. Non è un mistero che fu criticato, e molto, da destra fino a qualche tempo fa.
«È vero, alcune sue scelte e affermazioni, quando era in altri lidi, non era piaciute. Ma da quando si è riavvicinato a noi non c’è stato nessun problema, anzi. Io, come le ho detto, l’ho difeso pubblicamente. E poi, ripeto, non mi occupo di questioni del ministero, ma a vicende che attengono al mio ruolo di parlamentare».
Di certo, però, sembra che la Cultura – da tratto distintivo del centrodestra come discontinuità rispetto al passato – si stia trasformando per voi solamente in una fonte di problemi.
«Ma in realtà non è così. Sangiuliano, da ministro, ha fatto molte cose buone. E anche Giuli sono convinto che ne farà».