A Kiev, l’allarme era scattato già prima del voto. Donald Trump durante la campagna elettorale era state chiarissimo. Ha dato del “piazzista” al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha promesso ai suoi elettori di finirla con gli aiuti a pioggia al Paese invaso, ha parlato di un accordo di pace tra Kiev e Mosca prima di insediarsi alla Casa Bianca. E ora, dopo il trionfo contro Kamala Harris, tutti aspettano il cambio di passo sul fronte ucraino. Lo sa bene lo staff di Zelensky che, come ha rivelato il ministro degli Esteri Andrii Sybiha, sta cercando di organizzare un incontro con Trump. Ma ne è consapevole anche l’amministrazione Biden, che per evitare che The Donald rivoluzioni la strategia Usa in Ucraina, ha fatto scattare il piano d’emergenza. Il primo punto nell’agenda di Joe Biden, che ha di nuovo detto di no all’invio di altri missili Atacms, è stato quello di blindare i cieli ucraini. La Russia continua a colpire con droni e missili in tutto il Paese. Zelensky da tempo chiede all’Occidente di fare di più. E come ha rivelato il Wall Street Journal, il Pentagono ha ordinato l’invio di altri 500 intercettori all’esercito di Kiev.
Il piano
Missili che serviranno per il sistema di difesa missilistico Patriot e per il National Advanced Surface-to-Air Missile System, anche noto con l’acronimo Nasams, e che per i prossimi mesi dovrebbe dare a Kiev una boccata d’ossigeno. L’amministrazione Biden però guarda anche oltre. Non basta solo mandare missili, su cui pende anche la spada di Damocle dei tempi per farli arrivare in prima linea, bisogna anche quei sistemi svolgano il loro lavoro alla perfezione. Perché gli arsenali Usa non possono rimanere vuoti e il Pentagono non può sprecare armi. La Casa Bianca ha giurato che non saranno mandati soldati americani in Ucraina, e così Washington ha deciso di dare il via libera ai contractor. Appaltatori che rimarranno lontani dalla prima linea ma che gestiranno la manutenzione di tutto quanto fornito dagli Usa e dagli alleati europei e che necessita di una preparazione specifica. Un tema, questo, che riguarda non solo i Patriot ma anche i caccia F-16. Da Oltreoceano hanno provato a minimizzare la revoca di questo divieto. I funzionari sentiti dai vari media hanno assicurato che si parla di poche unità, massimo duecento. Tuttavia, molti si chiedono se questa mossa piacerà al nuovo presidente, che non ha solo criticato la politica di Biden su Kiev, ma ha anche ammesso che presto parlerà con Vladimir Putin. Ieri il viceministro degli Esteri russo, Sergei Riabkov, ha detto che non esistono «soluzioni semplici» al conflitto. Ha nuovamente aperto al dialogo con gli Usa ma solo se ci saranno segnali di discontinuità rispetto a «pompare il regime di Kiev con ogni tipo di assistenza».
I paletti
E queste parole sono sembrate anche una risposta alla possibilità che Washington continui a sostenere l’Ucraina per vie traverse. Per ora, dallo staff di Trump non sono trapelati dettagli sul suo piano di pace. Tra ipotesi di zone cuscinetto, peacekeeper lungo la linea del fronte e cessioni territoriali, gli scenari sono ancora molti. Il consigliere del presidente eletto Bryan Lanza ha dichiarato che la nuova amministrazione Usa si concentrerà sul raggiungimento della pace in Ucraina ma pretende da Kiev una visione realistica: «Se Zelensky venisse al tavolo a dire che la pace ci sarebbe solo con la Crimea ci mostrerebbe di non essere serio, perché la Crimea è persa». E su Kiev incombe un enorme punto interrogativo. Domande che si pone anche l’Europa, che dovrà fare i conti con le idee del tycoon. Ieri, nella capitale ucraina, l’Alto rappresentante Josep Borrell è stato netto. «Abbiamo sostenuto l’Ucraina fin dall’inizio e in questa mia ultima visita trasmetto lo stesso messaggio: vi sosterremo il più possibile» ha detto l’inviato Ue prima di annunciare il quindicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Ma il ciclone Trump rischia di mettere alle strette anche Bruxelles e tutti gli Stati membri.