Influenza australiana, casi sospetti anche a Roma. Andreoni: «Ci aspettiamo 200mila contagi a settimana, difficile ipotizzare un picco»

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I primi casi di influenza australiana sono già stati isolati in Piemonte e Lombardia ma, spiega il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali e professore ordinario all'università Tor Vergata di Roma «anche nel Lazio e nella Capitale si stanno esaminando diverse segnalazioni di sindromi influenzali, nelle prossime ore avremo il responso ed è plausibile che stia circolando anche in questa regione. Sicuramente già oggi stiamo vedendo un maggiore mumero di sindromi influenzali anche a Roma, ma va detto che sta circolando anche il Covid. A livello nazionale ci aspettiamo 200mila casi a settimana, mentre è più complicato ipotizzare il picco: normalmente è a fine dicembre, ma l'anno scorso fu a fine novembre, per questo è importante vaccinarsi ora. Trascorrono sempre 15 giorni tra il momento in cui riceviamo l'iniezione e l'inizio della protezione».

Lo sbalzo di temperature aiuterà la corsa del virus

Andreoni avverte anche che lo sbalzo di temperature che stiamo verificando in questo periodo in Italia aiuterà la corsa del virus: «Le temperature incidono. E le oscillazioni delle temperature sono particolarmente insidiose perché è più facile raffreddarsi. Banalmente: uno si raffredda quando fa freddo, ma quando fa freddo uno tende a copririsi. Quando ci sono questi sbalzi invece ci facciamo prendere di sorpresa dalle basse temperature ed è più frequente raffreddarsi. E quando uno si raffredda le mucose sono più permeabili al virus che con più facilità ti infetta con la possibilità che dia complicanze più significative. Ricordiamo che il virus che è stato prediminante in Australia ha dimostrato di essere molto contagioso, di diffondersi rapidamente con sintomi importanti».

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Ricordiamolo: la definizione "australiana" è una semplificazione. Ci si riferisce al tipo di virus che alla fine è divenuto predominante in Australia, H3N2. Ricorda Andreoni: «Ogni anno l'esperienza dell'Australia, dove la diffusione dell'influenza avviene in anticipo, ci aiuta a capire cosa potrebbe succedere da noi. Bene, là ci sono stati circa 15 milioni di casi e un sensibile aumento delle ospedalizzazioni. Per questo è importante vaccinarsi subito. H3N2 ha mostrato di causare più frequentemente le polmoniti. E non dimentichiamo che in generale l'influenza aumenta la frequenza degli infarti del miocardio e degli ictus. Ci sono una serie di complicanze che uno tende a non ascrivere all'influenza ma in realtà sono collegate. Ogni anno il numero di morti per influenza oscilla tra 5mila e 10mila, non è un numero banale».

I numeri in Italia

I numeri italiani: l'anno scorso le sindromi influenzali furono 14,5 milioni, quest'anno gli esperti se ne aspettano circa 15 visto che l'H3N2 ha mostrato di aggirare più efficacia l'immunità. Inoltre, grazie alle misure che erano in vigore durante la pandemia, ci sono molti bambini che non sono mai entrati in contatto con l'influenza e dunque possono fare da detonatore per il virus.

Come difendersi (oltre al vaccino)

Come difendersi (oltre alla vaccinazione)? Le misure ovviamente sono quelle che abbiamo imparato a conoscere. Se vogliamo fare molta attenzione è utile lavarsi frequentemente le mani, indossare la mascherina in ambienti chiusi con molte persone, favorire il ricambio dell'aria. «Sono delle norme di sanità pubblica che valgono sempre. A maggiore ragione se si è a contatto con persone fragili da difendere» ricorda Andreoni. 

Ma come stanno andando le vaccinazioni? Dal punto di osservazione della prima linea dei medici di baseparla il dottor Pierluigi Bartoletti, vicesegretario nazionale di Fimmg: «C'è una buona adesione, i pazienti si stanno presentantando per vaccinarsi contro l'influenza. Sta andando diversamente per il Covid, per il quale invece il numero di chi si vaccina è molto più basso».

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