ROMA Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, non si espone, ma che si aspettasse di più dalla Manovra per la sanità non è un mistero. Medici e infermieri, che avevano aperto una linea di credito nei suoi confronti, sono in rivolta e hanno annunciato uno sciopero generale per il 20 novembre. Il piano delle 30mila assunzioni, promesso in molte occasioni, slitta quanto meno di un anno. E soprattutto il timore che la riforma delle liste d’attesa, su cui Schillaci ha speso molte energie, sia una scatola vuota si sta concretizzando. Senza assunzioni, senza risorse per incentivare orari prolungati dei professionisti, difficilmente il quadro drammatico presentato l’altro giorno da una indagine di Cittadinanzattiva cambierà. Schillaci se l’è presa con le Regioni, governate in larga maggioranza dal centrodestra, e ha detto: «Ora devono controllare di più: non è pensabile che si fissino visite dermatologiche a 4 anni». Anche se dal Ministero della Salute insistono sul fatto che la riforma sulle liste d’attesa guarda più a un cambiamento di regole e meccanismi, come i Cup centralizzati e sistemi di verifica, che a una pioggia di fondi, è evidente che la coperta corta del personale incide.
CONTRATTI
La manovra prevede un incremento di 1,3 miliardi di euro del fondo per la sanità nel 2025. Quando qualche settimana fa uscì una indiscrezione che ipotizzava questa cifra, proprio in un’intervista rilasciata al Messaggero il ministro Schillaci disse che sarebbe stata prevista una cifra più alta. Invece, la cifra è proprio quella, per salire a 5 miliardi nel 2027. Osserva Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: «Il Fondo sanitario nazionale raggiunge 136,5 miliardi di euro nel 2025, 140,6 miliardi nel 2026 e 141,1 miliardi nel 2027, ma le risorse saranno in larga parte assorbite dai rinnovi di contratti già scaduti del personale sanitario. Senza lasciare spazio al piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri fortemente voluto dal ministro Schillaci né tanto meno all’abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario». Pierino Di Silverio, segretario di Anaao Assomed, osserva: «Non aspettiamoci progressi, se non effimeri, nella riduzione delle liste di attesa. Ci potrà essere qualche miglioramento dal punto di vista tecnico come i Cup centralizzati, ma senza un piano di assunzioni non si va da nessuna parte. Non solo: i concorsi rischiano di andare deserti, perché non si sta facendo nulla per rendere appetibile la professione nel servizio pubblico per i giovani. Pensi che ci sono 17 euro mensili di aumento per la specificità di indennità medica, una presa in giro». La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha contestato i dati diffusi da opposizione e da sindacati: «Nel 2019 nel Fondo sanitario c’erano 114 miliardi, ora ce ne sono 136. Va considerata la spesa pro-capite: nel 2019 lo Stato spendeva 1.919 euro per ogni cittadino, nel 2025 2.317».
Certo, in manovra è prevista una premialità per le Regioni virtuose nello smaltimento delle liste d'attesa. «In favore delle regioni che risultino adempienti è vincolata una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026». Resta però un dato di fatto: il piano delle assunzioni partirà solo nel 2026, la spinta che si auspicava sul fronte dell’abbattimento delle liste di attesa non ha ancora dato risultati e l’obiettivo, ad esempio, di tenere aperti i laboratori anche di sera e nei fine settimana sembra molto lontano, quanto meno in maniera omogenea. Cartabellotta, nell’audizione al Senato sui provvedimenti per le liste d’attesa, aveva sintetizzato: «Rischia di restare una scatola vuota. Sul fronte del potenziamento dell'offerta, ad invarianza di risorse, punta esclusivamente su specialisti ambulatoriali convenzionati e privato accreditato». Il quadro è quello descritto da una indagine di Cittadinanzattiva, anche se va precisato che è una fotografia del 2023: «Il 7,6% dei cittadini ha rinunciato alle cure (+0,6% rispetto al 2022) e quasi due su tre (il 4,5%) lo fanno proprio a causa delle lunghe liste di attesa (era il 2,8% nel 2022)». Delle 24mila segnalazioni arrivate a Cittadinanzattiva una su 3 era proprio per le lunghe attese per una visita medica o una prestazione, con un dato molto alto sulle prenotazioni bloccate (che non dovrebbero esistere). Sono stati anche citati alcuni casi limite: «Per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, cioè da eseguire entro 120 giorni) si può aspettare 468 giorni; per una visita di controllo oncologica in classe non determinata si possono attendere 480 giorni; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve, da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler dei tronchi sovraaortici in classe P; 437 giorni per un intervento di protesi d'anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B».
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