Dodici su tredici. Si spiega con i numeri la relativa tranquillità con cui il centrodestra affronta l’ultima tornata di Regionali del 2024. Perché da quando Giorgia Meloni è approdata a Palazzo Chigi nell’ottobre di due anni fa, su 13 Regioni al voto la maggioranza ne ha confermate 11, strappata agli avversari una (il Lazio) e persa un’altra che invece guidava, la Sardegna. E anche limitando lo sguardo al solo anno in corso, il piatto della bilancia pende sempre a favore di Meloni, Salvini e Tajani per 4 a 1.
Certo, il verdetto di Umbria ed Emilia Romagna potrebbe rimescolare le carte. Ma nella sostanza non sposterà di molto gli equilibri. Grazie, soprattutto, alla vittoria (insperata fino a poche settimane prima delle urne) in Liguria: eccolo, il boccone elettorale assaporato dalla premier negli ultimi dodici mesi. E non solo perché a puntare su Marco Bucci – e a insistere perché fosse proprio il sindaco di Genova a scendere in campo – è stata in prima persona la leader di FdI, una sorta di risarcimento morale dopo la cantonata sarda con Paolo Truzzu. Perdere la Liguria avrebbe fatto materializzare lo spauracchio del 3 a 0 alle Regionali d’autunno. Che dalle parti di Palazzo Chigi avrebbe fatto suonare più di un campanello d’allarme: sarebbe stato il segnale – o così lo avrebbero cavalcato le opposizioni – della fine della “luna di miele” con FdI. Luna di miele consacrata invece dalle Europee di giugno, coi meloniani saldamente primo partito a sfiorare quota 29%.
IL RECUPERO
Quelle stesse urne che hanno sancito il recupero di Antonio Tajani e Forza Italia dalle politiche di due anni fa, in crescita al 9,6%, nonostante l’addio al fondatore. Senza contare che gli azzurri hanno incassato la riconferma di due dei loro governatori, Vito Bardi in Basilicata e Alberto Cirio in Piemonte. Tiene infine la Lega di Matteo Salvini. Che però perde la guida della Sardegna e oggi si gioca quella dell’Umbria, dove ha difeso con le unghie e con i denti la ricandidatura di Tesei. Vincere, per il leader del Carroccio, stavolta conta più che per gli alleati.
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