Nemmeno il tempo di festeggiare la prima timida inversione di tendenza nell’età media degli statali italiani, appena scesa da 49,5 a 49 anni che, per le amministrazioni pubbliche, torna il temutissimo taglio del turn over. Il prossimo anno negli uffici pubblici, per ogni quattro dipendenti che andranno in pensione, ne potranno essere assunti soltanto tre. Con alcune eccezioni. Non finiranno sotto questa scure i Comuni con meno di 20 dipendenti e la Sanità. Sarebbe stato difficile ridurre i camici bianchi dopo la promessa di 30 mila nuove assunzioni di infermieri. Comunque sia, nella manovra di Bilancio che sta per essere trasmessa alla Camera, sarà inserita una norma che impone un turn over dei dipendenti al 75 per cento. Un piccolo ma significativo passo indietro, rispetto alla svolta che alla vigilia del Pnrr, aveva voluto l’allora ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Per caricare il Piano europeo da 200 miliardi sulla malconcia macchina statale, aveva capito che era necessario in qualche modo ringofiare le ruote. Così aveva firmato un Patto con i sindacati che alla sua base, aveva il rinnovo dei contratti e lo sblocco delle assunzioni dopo oltre dieci anni di ingressi al lumicino nei ranghi del pubblico impiego. Ancora oggi le “scoperture” degli organici pubblici sono nell’ordine del 30 per cento. Vale a dire che manca un dipendente su tre.
La situazione più complessa è quella dei Comuni. Nel 2007 alle dipendenze dei sindaci c’erano 479 mila persone. Nel 2022 sono scese a 342 mila. Quasi 140 mila dipendenti in meno in quindici anni. Non solo. L’Ifel ha stimato che nei prossimi dieci anni sarà da rimpiazzare ancora un terzo dei dipendenti, diecimila per ciascun anno. Ora se ne potranno assumere 7.500. Vuol dire insomma, che se anche la misura restasse in vigore soltanto per il 2025, come ha spiegato ieri il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, si perderebbero altri 2.500 dipendenti. Ma se i Comuni soffrono, non è che nei tribunali o all’Agenzia delle entrate le cose stiano molto meglio. Nella Giustizia per esempio, mancano 14 mila dipendenti. Anche nelle carceri la situazione è complessa. Qualche mese fa, per la difficoltà a trovare personale, il capo del Dap aveva chiesto di valutare un innalzamento dell’età pensionabile, su base volontaria, da 60 a 62 anni. In realtà questa richiesta sarà recepita dalla manovra per tutti i dipendenti pubblici, che potranno rimanere al loro posto, una volta maturati i requisiti per la pensione, per altri due anni fruendo di un bonus contributivo che alzerà lo stipendio mensile. Questa misura, in qualche modo, dovrebbe essere utile a non sfoltire troppo gli organici. Anche se Zangrillo aveva rassicurato che sarebbe stato introdotto un tetto massimo alle richieste di proroga del 20 per cento del personale. Un modo per non bloccare lo svecchiamento in corso della Pubblica amministrazione.
Pa, le incognite del tetto ai manager. Non solo i vertici a rischio taglio
«Se fossimo in un mondo ideale», ha detto ieri il ministro, «io direi che non sono contento del taglio del turn over, ma facendo parte del governo noi dobbiamo avere il senso di responsabilità. Quindi il primo presupposto è avere i conti dello Stato in ordine. «La misura che stiamo scrivendo in queste ore - ha aggiunto - non incide in maniera significativa sul processo di ricambio generazionale e di gestione del turn over. Riguarda solo il 2025 e non coinvolge gli enti territoriali più piccoli e determinati settori più critici come la sanità. È una misura molto contenuta e circoscritta». Di converso, ha osservato il ministro, «gli anni 2023 e 2024 sono stati importanti dal punto di vista della gestione del turn over. Abbiamo inserito, nel 2023, 170mila persone, nei primi 8 mesi di quest'anno abbia bandito 13200 concorsi, abbiamo ricevuto 2 milioni e 100mila candidati. Stiamo facendo uno sforzo straordinario». Anche Marina Calderone, ministro del lavoro, ha provato a gettare acqua sul fuoco spiegando che ci sar la possibilità per i ruoli di «difficile sostituzione» di proseguire il lavoro.
IL PASSAGGIO
La riduzione del turn over è una di quelle misure necessarie a rispettare il nuovo parametro europeo di controllo della spesa primaria corrente. Ieri, comunque, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non si è soffermato in particolar modo su questa misura. Ha però voluto sottolineare, come l’allargamento del cuneo fiscale fino a 40 mila euro di reddito, coinvolgerà altri 1,3 milioni di lavoratori nella misura di sgravio. Tra le novità della prossima legge di bilancio ci sarà anche l'aumento dei fringe benefits per i nuovi assunti che accettano di traferire la loro residenza oltre i 100 chilometri e far aumentare la mobilità del lavoro. Per loro, fa sapere Giorgetti, il bonus fiscale sarà fino a 5mila euro. Per le pensioni minime, intanto, dovrebbe essere confermato l'incremento del 2,7% oltre all'inflazione. Dovrebbero quindi arrivare a 620,92 euro crescendo di sei euro rispetto ai 614,77 attuali. Mentre la manovra è ancora attesa al Colle, intanto, i partiti, anche di maggioranza, avanzano le proprie richieste di possibili modifiche. «Non siamo felicissimi - sottolinea senza mezzi termini il capogruppo di FI in commissione Bilancio al Senato, Dario Damiani - del tetto agli stipendi dei manager pubblici. In questi anni, proprio a causa del tetto, molti manager hanno lasciato la pubblica amministrazione per le aziende private. Serve una riflessione».