Statali, più risorse ai contratti. Zangrillo: «Per i rinnovi altri 10 miliardi. Scuola? Tagli limitati, pesa il calo delle nascite»

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Ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, nella manovra appena approvata, per i dipendenti pubblici ci sono da un lato nuove risorse per i contratti, ma dall’altro il ritorno del taglio alle assunzioni con il blocco parziale del turnover. Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
«Sono ottimista. E il mio è un ottimismo della ragione, basato su dati oggettivi».

Quali dati?
«È una manovra che ribadisce un’attenzione e un impegno verso il settore pubblico. La legge di Bilancio dello scorso anno aveva riservato agli statali un terzo delle risorse, otto miliardi. Nel testo trasmesso in parlamento c’è un impegno equivalente, una decina di miliardi, per i contratti del triennio 2025-2027 considerando anche Sanità ed Enti locali. E un ulteriore stanziamento per i rinnovi anche del triennio successivo, quello che arriva al 2030».

Il taglio del turnover è stata una doccia fredda però?
«Un sacrificio necessario che abbiamo accettato per senso di responsabilità in un momento complesso per le finanze pubbliche. Ma sarà temporaneo, solo per il 2025, ed escluderà alcuni comparti ritenuti sensibili, come i Comuni con meno di 20 dipendenti e il settore sanitario. Non pregiudicherà il percorso di rinnovo e ringiovanimento della Pubblica amministrazione che abbiamo avviato e che ha portato una prima riduzione a 49 anni dell’età media dei dipendenti».

La scuola intanto perderà oltre cinquemila insegnanti. Saranno recuperati?
«La denatalità sta facendo perdere molti alunni. È chiaro che questo taglio può suscitare delle perplessità, ma non ritengo che vada a ledere il funzionamento del sistema scolastico. È un taglio contenuto». 

Martedì è previsto un nuovo tavolo con i sindacati per la firma del contratto delle Funzioni centrali. La Cgil ha già detto che non firmerà, e la Uil potrebbe seguire. Sostengono che le risorse sono insufficienti a recuperare il potere d’acquisto perso. Il tema dei fondi è definitivamente chiuso con la manovra?
«Francamente sono dispiaciuto che Maurizio Landini abbia detto che non intende firmare. Io invece, i soldi ai dipendenti pubblici li voglio dare. È vero che c’è stato un picco dell’inflazione che ha superato il muro del 10 per cento, ma ora è scesa all’1,8 per cento. Se sarà firmato il contratto 2022-2024 in sei anni gli aumenti per il pubblico impiego saranno stati del 10 per cento, al quale aggiungere la prospettiva di un ulteriore 5,5 per cento con la tornata 2025-2027». 

C’è il rischio che i soldi destinati ai contratti possano essere spostati se non si firma il contratto?
«La mia fretta di avviare subito i negoziati sul 2025-2027 è proprio perché non voglio correre rischi». 

Il documento programmatico di bilancio inviato all’Unione europea, prevede una riforma delle carriere con la possibilità di “promuovere” a dirigenti i funzionari più brillanti. Come funzionerà?
«La Pubblica amministrazione sta attraversando un percorso di profonda trasformazione per diventare più efficiente e digitalizzata. In questo percorso il tema della valorizzazione delle nostre persone, del nostro capitale umano, è centrale. Credo che sia arrivato il momento di assegnare ai dirigenti pubblici la possibilità di dare impulso alla crescita delle persone. Cosa che oggi non avviene». 

Questo significa promozioni senza concorso?
«Sarà un percorso che si affiancherà a quello del concorso. Oggi le persone che vogliono crescere nella Pubblica amministrazione devono dedicare molto tempo allo studio. Questo non sempre premia i migliori, ma soprattutto ha un altro effetto indesiderato, quello di deresponsabilizzare totalmente i dirigenti. Nelle prossime settimane proporrò al consiglio dei ministri un disegno di legge che dà la possibilità ai dirigenti di proporre dei percorsi di crescita per i collaboratori. Ovviamente purché rispondano a precisi requisiti di esperienza, di performance e di comportamento organizzativo».

Nella manovra è stato inserito un tetto di 120 mila euro alle retribuzioni dei manager pubblici. Eppure poco tempo fa, lei aveva proposto di abrogare quello attuale di 240 mila euro?
«Ho già spiegato che se fossimo in un mondo ideale direi che questo provvedimento non mi rende felice. Ma anche questo fa parte dei sacrifici richiesti dal momento storico. Comunque il tetto non riguarda i dirigenti pubblici, il perimetro è molto ristretto e sarà esattamente delineato in un Dpcm che sarà emanato entro sei mesi. Aspettiamo di vedere dove segnerà i confini».

Un’ultima domanda. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri è pronto a un’ordinanza per obbligare i ministeriali a due giorni di smart working a settimana. Cosa ne pensa?
«Con Gualtieri ho parlato e ho ribadito la mia posizione. Lo smart working è uno strumento organizzativo che serve a conciliare la vita delle persone con le esigenze degli uffici senza però pregiudicare la qualità della prestazione erogata. In tutte le mie direttive ho ribadito che non ho intenzione di imporre nessun limite alle amministrazioni sullo smart working , lasciando piena libertà di valutazione su come utilizzare questo strumento. Imporlo nelle situazioni emergenziali lo snatura».
 

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